Lo sport dopo il lockdown, la parola alla psicologa: “Anche questa è una “sfida” da affrontare”

PIANA FIORENTINA – L’abbiamo interpellata, sia durante il periodo del Covid che successivamente, su più argomenti. Questa volta, invece, Eleonora Ceccarelli, psicologa e psicoterapeuta, consigliera dell’Ordine degli psicologi della Toscana, ci ha inviato un suo contributo in materia di sport. Quando parliamo di sfide da affrontare, nella mia testa si configura l’immagine di un atleta […]

PIANA FIORENTINA – L’abbiamo interpellata, sia durante il periodo del Covid che successivamente, su più argomenti. Questa volta, invece, Eleonora Ceccarelli, psicologa e psicoterapeuta, consigliera dell’Ordine degli psicologi della Toscana, ci ha inviato un suo contributo in materia di sport.

Quando parliamo di sfide da affrontare, nella mia testa si configura l’immagine di un atleta ai blocchi di partenza, in attesa del via. Anche pensando al lockdown e a tutto quello che ha comportato nelle nostre vite, l’immagine resta sempre la stessa: uno sportivo che aspetta di partire per la sua gara. Lo sport è sempre nei miei pensieri e con esso gli atleti che seguo. Anche durante i mesi di chiusura forzata, ho continuato a lavorare e a tenermi in contatto con gli sportivi agonisti grazie ai molti ausili tecnologici a disposizione. Il senso del nostro lavoro, richiamando l’immagine iniziale, è stato proprio quello di imparare ad aspettare, accettando il blocco obbligato delle attività sportive e accogliendo le emozioni a esso connesse, al fine di tornare in campo ancora più forti. Il lavoro sulla motivazione e sulle emozioni ha caratterizzato anche la ripartenza e tutt’ora continua a essere centrale, dal momento che c’è chi si trova a non sapere quando potrà tornare ad allenarsi, chi si domanda quando ripartiranno le gare e/o i campionati e chi invece si è visto riabilitato a scendere in campo dall’oggi al domani. Alla luce di ciò, la criticità più significativa che i settori giovanili di molti società si sono trovati e tutt’ora si trovano a fronteggiare è l’abbandono sportivo, in molte realtà amplificato dal Covid.

L’abbandono sportivo o drop-out è un fenomeno che interessa i giovani atleti, soprattutto la fascia tra i 13 e i 15 anni. Intanto c’è da dire che l’abbandono sportivo può essere considerato “fisiologico” quando si parla di soggetti in crescita, essendo inevitabile un cambiamento di interessi e priorità nelle loro vite. Con il lockdown, l’attaccamento h24 ai social e l’isolamento forzato in camera, ha rappresentato per molti una valida alternativa alla vita reale e per tanti continua a esserlo, purtroppo. C’è però anche da dire questo e dunque da spezzare una lancia in favore dei giovani: ho potuto osservare che molti atleti sono arrivati “carichi” alla ripresa degli allenamenti, anche in virtù del fatto che la didattica on line e la chiusura delle scuole, hanno incentivato la voglia di riprendere in mano la propria quotidianità, dove lo sport ne è parte attiva.

E visto che parliamo di settore giovanile, il percorso fatto con gli atleti è stato in molti casi supportato e rinforzato dagli allenatori: per i bambini e per gli adolescenti i tecnici sono stati una guida, un riferimento imprescindibile… anche a distanza. L’uso dei social, a partire da WhatsApp è stato provvidenziale, soprattutto nel tenere attivi ma soprattutto “agganciati” i piccoli sportivi. Senza una meta da raggiungere, quale una gara o un campionato da aggiudicarsi, è difficile mantenere viva la motivazione dei più giovani. Così molti allenatori si sono reinvitati, proponendo ai ragazzi un “contatto” diverso. Oltre al programma di preparazione fisica giornaliero, venivano inviate -via social- delle nuove sfide da vivere insieme: c’è chi ha lanciato e/o aderito a campagne di sensibilizzazioni nazionali, chi ha inventato videogiochi e avviato campionati online del proprio sport e chi ha realizzato via zoom una lezione tipo di gruppo. Insomma, di idee me ne sono passate tante davanti e tutte validissime perché, oltre ad aver avuto una finalità motivante, hanno anche avuto una funzione rassicurante, offrendo l’opportunità di darsi e farsi forza a vicenda. Inoltre, hanno messo al centro l’atleta (o la squadra) valorizzandone le potenzialità, aspetto questo assolutamente importante per i giovani in un momento così critico. Anche adesso continua il lavoro con i tecnici sull’aspetto emotivo e motivazionale, come dicevo all’inizio, perché in questo momento centrale è ritrovare il piacere di fare sport e porsi obiettivi a breve termine.

Infine, quando parliamo di giovani atleti, non possiamo non rammentare i genitori: anche loro hanno avuto bisogno di mantenere un contatto attivo con la società, di alimentare la vicinanza e di ripristinare la quotidianità sia durante il lockdown ma anche dopo e tutt’ora sono centrali, nella lotta al drop-out.

Come ben ha detto un famoso allenatore P. Jackson “La forza della squadra è ogni singolo membro. La forza di ogni membro è la squadra”. Io penso che la forza di una società sportiva durante il lockdown sia stato proprio il lavoro di rete, agito a distanza, ma comunque con la stessa grinta e presenza; ciò ha creato un’ atmosfera positiva che ha permesso ad ogni componente di non sentirsi solo, di ripristinare una sorta di quotidianità e di partecipare con un buon grado di benessere di fondo e di tranquillità.

Eleonora Ceccarelli