“No alla commercializzazione della salute”: il sì di Possibile

CAMPI BISENZIO – Anche il Comune di Campi aderisce alla “Giornata europea contro la commercializzazione della salute” che vede organizzate per la giornata di oggi diverse manifestazioni in tutta Italia (a Firenze il ritrovo è in piazza Duomo alle 16). Il consiglio comunale, infatti, ha votato all’unanimità l’atto presentato da Emanuela Eboli, consigliere comunale di […]

CAMPI BISENZIO – Anche il Comune di Campi aderisce alla “Giornata europea contro la commercializzazione della salute” che vede organizzate per la giornata di oggi diverse manifestazioni in tutta Italia (a Firenze il ritrovo è in piazza Duomo alle 16). Il consiglio comunale, infatti, ha votato all’unanimità l’atto presentato da Emanuela Eboli, consigliere comunale di Possibile, che ha aderito appunto alla giornata. “I principi di universalità e solidarietà cui si ispira il sistema del welfare – ha detto la Eboli – sono sempre più compromessi a causa del ridimensionamento dei finanziamenti, che porta con sé la diminuzione dei servizi, il blocco delle assunzioni, i costi per accedere alle cure e la chiusura delle strutture a disposizione dei cittadini. In Italia l’art. 32 della Costituzione “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” ma nella realtà ognuno di noi si scontra con lunghe liste di attesa, mancanza di posti letto, ticket elevati, personale sempre insufficiente e talvolta con casi di malasanità. Quando con la legge 833/1978 venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale la tutela della salute psico-fisica aveva come destinataria “tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”. “I dati oggi sono allarmanti: 11 milioni di cittadini, nell’anno appena concluso, hanno dovuto rinunciare o rinviare prestazioni sanitarie. I motivi di quella che possiamo considerare una vera e propria “espulsione” dal servizio possono essere ricercati non solo dalle condizioni economiche ma anche delle interminabili liste d’attesa, il quale come unico scopo sembra abbia quello di favorire, per chi può permetterselo, di “migrare” verso le prestazioni private, poco importa distinguere tra privato-privato al privato-sociale. Occorre ripensare una politica sanitaria, occorre ripensare soprattutto alla parola politica quando si parla di salute”.