Poveri italiani, non solo perché con meno soldi in tasca: sei milioni sono quelli che hanno paura di tutto

PIANA FIORENTINA – Poveri italiani. Economicamente ma anche dal punto di vista di tenuta mentale. Con meno soldi in tasca, impauriti, storditi e con meno fiducia nel futuro. Sono sei milioni, infatti, un numero davvero considerevole, i cosiddetti “panofobici”, ovvero coloro che hanno paura di tutto. Lo dice il secondo “Rapporto sulla filiera della sicurezza […]

PIANA FIORENTINA – Poveri italiani. Economicamente ma anche dal punto di vista di tenuta mentale. Con meno soldi in tasca, impauriti, storditi e con meno fiducia nel futuro. Sono sei milioni, infatti, un numero davvero considerevole, i cosiddetti “panofobici”, ovvero coloro che hanno paura di tutto. Lo dice il secondo “Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia” di Censis e Federsicurezza presentato nei giorni scorsi e che dà un quadro del nostro paese a dir poco allarmante. Un paese sfibrato da un anno e passa di virus. A partire proprio dei sei milioni di “panofobici”, quelli che hanno paura di tutto, in casa o fuori e che vivono costantemente in stato d’ansia. Tra di loro prevalgono le donne: sono quasi 5 milioni, il 17,9% della popolazione femminile complessiva. Ma sono presenti anche tra i giovani: sono 1,7 milioni, pari al 16,3% dei giovani con meno di 35 anni. E anche quest’ultimo è un dato su cui riflettere e non poco e che apre a molteplici considerazioni.

Così come è altrettanto interessante prendere in esame il rapporto voce per voce. Anche perché è difficile prevedere quello che ci lascerà la pandemia in termini di nuovi stili di vita e nuove abitudini di consumo, così come non è ancora chiaro quanto inciderà il Covid-19 sull’occupazione e sul debito pubblico. Sicuramente il Coronavirus avrà anche delle conseguenze meno tangibili e meno misurabili, che peseranno sugli stati d’animo e sulla psicologia dei singoli, soprattutto dei più deboli, cui per tanto tempo è stata sottratta la libertà e la relazionalità in nome della salute e della sicurezza sanitaria.

Reati in forte calo. Nel 2020 in Italia sono stati denunciati complessivamente 1.866.857 reati. Complice la pandemia, si è registrata una riduzione del 18,9% rispetto all’anno precedente, con 435.055 crimini in meno. Gli omicidi -16,4%, le rapine -18,2%, i furti -33,0%, i furti in appartamento -34,4%. Nonostante ciò, per due terzi degli italiani (il 66,6% del totale) la paura di rimanere vittima di un reato non è diminuita e per il 28,6% è addirittura aumentata.

La criminalità digitale: quando la paura corre sul web. Per una categoria di reati la situazione è invece peggiorata anche durante la pandemia: il cybercrime. Nel 2020 sono state commesse 241.673 truffe e frodi informatiche, il 13,9% in più rispetto all’anno precedente (nel 2010 erano state solo 96.442). I rischi connessi all’utilizzo della rete frenano la modernizzazione. Un italiano su tre (il 31,3% del totale) non si sente sicuro quando fa operazioni bancarie online. Uno su quattro (il 24,9%) ha paura di utilizzare i sistemi di pagamento elettronici per fare acquisti in rete. E le percentuali salgono nettamente tra le persone più avanti con gli anni e tra quelle con bassi livelli di istruzione.

La paura degli altri. Il 75,4% degli italiani dichiara di non sentirsi sicuro quando frequenta luoghi affollati (la percentuale scende del 67% tra i più giovani). Il 59,3% ha paura di camminare per strada e di prendere i mezzi pubblici dopo le otto di sera (la percentuale resta al 59,8% anche tra i più giovani). Si tratta di sentimenti fortemente condizionati dalla paura del contagio. La sfera sanitaria peserà sempre di più nelle nostre vite: quando le restrizioni saranno allentate, le piazze dovranno poter tornare a riempirsi in tranquillità.

Le paure delle donne. Nell’anno del Covid molte donne chiuse in casa sono state maggiormente esposte alla violenza di partner e conviventi. Le richieste di aiuto al numero antiviolenza e stalking 1522 sono fortemente aumentate. Da marzo a ottobre 2020 le chiamate sono state 23.071: un anno prima, nello stesso periodo, erano state 13.424 (+71,9%). Le donne che hanno paura mettono in atto comportamenti che ne condizionano fortemente la qualità della vita: il 75,8% ha paura di camminare per strada e di prendere i mezzi pubblici di sera, l’83,8% ha paura di frequentare luoghi affollati, l’88,5% ha paura di incontrare persone sconosciute sui social network, il 76,3% ha paura di condividere immagini sul web, il 22,5% ha paura di stare a casa da sola di notte.

Più sicurezza vuol dire più socialità. L’83,4% degli italiani è convinto che si debbano applicare pene più severe per chi provoca risse e pratica atti di violenza fuori dai locali pubblici e nei luoghi della movida. Riportare la gente negli spazi pubblici vuol dire anche innalzare i livelli di sicurezza percepita, non solo attraverso ordinanze restrittive. È necessario che i controlli siano certi, professionali e rassicuranti, come solo gli operatori delle Forze dell’ordine e della vigilanza privata possono garantire.

La sicurezza privata al lavoro per la qualità della vita degli italiani. Negli ultimi dieci anni la sicurezza privata è enormemente cresciuta in termini di numeri, funzioni svolte, capacità tecniche e professionali. Con il Covid la categoria si è candidata ad ampliare ulteriormente i propri compiti, per garantire ad esempio il rispetto del distanziamento interpersonale nei luoghi rimasti aperti. Il 50,5% degli italiani esprime fiducia nelle guardie giurate e negli operatori della sicurezza privata. Ma il 55,7% è convinto che il settore avrebbe bisogno di un maggiore riconoscimento sociale. Il 62,8% degli italiani è convinto che ci sia una scarsa consapevolezza da parte della popolazione in merito a quello che le guardie giurate e gli operatori della sicurezza privata fanno: la loro attività è spesso misconosciuta.

“Già sento dire che l’e-learning e lo smart working sarebbero non una necessità, – ha detto qualche tempo fa Corrado Ocone, filosofo e saggista – che per fortuna la tecnica oggi ci concede, ma la realtà del futuro. E rabbrividisco, pensando alle politiche di “disciplinamento”, in senso foucaultiano, che ne potrebbero scaturire. La vita e la storia, e credo pure il liberalismo, sono un continuo bilanciamento di forze. Presto sarà il tempo di ritornare all’Habeas Corpus. Non facciamo un mito, ma teniamocelo ben stretto”. Magari, intanto, iniziamo a rifletterci un po’…