Ritardi per la cassa integrazione, burocrazia e sistema bancario “nel mirino” di Bambagioni (Pd)

FIRENZE – Da un lato la troppa burocrazia, dall’altro la non risposta del sistema bancario: questi, secondo il consigliere regionale Paolo Bambagioni (Pd), i motivi alla base dei ritardi della riscossione della cassa integrazione da parte dei lavoratori dipendenti. Partendo da un dato di fatto: “Giustamente – spiega Bambagioni – in questi giorni è emerso […]

FIRENZE – Da un lato la troppa burocrazia, dall’altro la non risposta del sistema bancario: questi, secondo il consigliere regionale Paolo Bambagioni (Pd), i motivi alla base dei ritardi della riscossione della cassa integrazione da parte dei lavoratori dipendenti. Partendo da un dato di fatto: “Giustamente – spiega Bambagioni – in questi giorni è emerso il tema del divario tra le promesse di finanziamenti fatte dal Governo di Roma e la realtà di aziende e privati che ad oggi non hanno incassato né i finanziamenti per le aziende, né la cassa integrazione per i dipendenti. Molti parlano di questo dato oggettivo scaricando le proprie responsabilità e non aiutando il lavoratore che vuole capire i suoi tempi per la riscossione”.

“Provo a spiegarlo io: con le risorse stanziate dal Governo, con il Decreto Cura Italia, nel frattempo approvato dal Parlamento e comunque finanziato, si sono messi a disposizione dell’Inps di Roma – che a sua volta le distribuisce a tutte le sue sedi regionali – le somme sufficienti per pagare ai lavoratori le prime nove settimane di cassa integrazione. A questo punto, però, si attivano una serie di procedure che l’implacabile burocrazia italiana mette in atto (forse non tutti sanno che quella che comunemente viene chiamata cassa integrazione in realtà prevede cinque procedure e cinque enti diversi). Tutto inizia con la richiesta presentata dal datore di lavoro (tramite i propri consulenti) all’Inps o in alcuni casi alla Regione. Dopo una breve istruttoria, sul finire del mese di aprile, sono arrivate le prime autorizzazioni. Una volta ottenuta l’autorizzazione l’azienda (sempre tramite i propri consulenti) deve fornire all’Inps, per ogni dipendente dell’azienda stessa, una scheda dove si individuano, ad esempio nel mese di marzo, le ore lavorate e le ore coperte da cassa integrazione, oltre all’Iban del singolo lavoratore. Una volta inoltrati questi documenti l’Inps procederà con il bonifico sul conto corrente del lavoratore. È opportuno dunque che il lavoratore verifichi tramite il datore di lavoro se la domanda di liquidazione è stata inoltrata o meno all’Inps. Tutto questo meccanismo si deve ripetere ogni mese per ogni lavoratore di ogni azienda”.

“Siccome il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – continua Bambagioni – prese l’impegno con una dichiarazione in Tv he entro il 15 aprile i lavoratori avrebbero riscosso la cassa integrazione di marzo, qualcuno dell’entourage si preoccupò giustamente nei giorni successivi di correre ai ripari, sottoscrivendo un accordo tra le principali banche e il Governo, allo scopo di anticipare al lavoratore il credito che questo vanta verso l’Inps ogni mese fino alla ripresa del lavoro. Se questo meccanismo avesse funzionato, oggi tutti i lavoratori avrebbero i loro soldi a disposizione. Purtroppo il sistema bancario, salvo rarissime eccezioni, non ha dato seguito all’accordo sottoscritto con il Governo e, siccome non ha avuto neanche il coraggio di dirlo pubblicamente, ha di fatto iniziato a chiedere ai lavoratori una serie di documenti e di ulteriore burocrazia probabilmente allo scopo di non erogare. Quindi a mio avviso la responsabilità di questi disagi è duplice, da una parte una macchina burocratica assai complessa (resa ancora più complessa dall’obbligo di consultare i sindacati) e dall’altra la non risposta del sistema bancario”.