Rogo ex Aiazzone: i somali lasciano l’immobile dei Gesuiti a Firenze

FIRENZE/SESTO FIORENTINO – Si sono completate le operazioni per liberare lo stabile di proprietà dei Gesuiti, in via Spaventa a Firenze, che è rimasto occupato da circa cento somali andati a vivere lì dopo il rogo dell’ex mobilificio Aizzone dove stavano abusivamente, e con pericolo, a Sesto Fiorentino. Gli occupanti stamani hanno lasciato lo stabile […]

FIRENZE/SESTO FIORENTINO – Si sono completate le operazioni per liberare lo stabile di proprietà dei Gesuiti, in via Spaventa a Firenze, che è rimasto occupato da circa cento somali andati a vivere lì dopo il rogo dell’ex mobilificio Aizzone dove stavano abusivamente, e con pericolo, a Sesto Fiorentino. Gli occupanti stamani hanno lasciato lo stabile dei Gesuiti aderendo volontariamente alle proposte di sistemazione avanzate da Comune di Firenze e Caritas. L’edificio verrà sottoposto a sequestro preventivo dalla polizia, in esecuzione di un decreto emesso nei mesi scorsi dall’autorità giudiziaria. Secondo quanto appreso, l’operazione era stata programmata da tempo nel corso di alcuni vertici in prefettura, durante i quali si era deciso di procedere a liberare lo stabile solo dopo aver trovato adeguate sistemazioni per gli occupanti. Questa mattina i somali si sono allontanati a piccoli gruppi, a bordo di furgoni della Caritas che li hanno portati nelle nuove strutture che li ospiteranno. Alcuni che lo avevano richiesto hanno ottenuto titoli di viaggio (biglietti) per poter lasciare l’Italia.

“Contrariamente a quanto insinuato erroneamente e maldestramente dal Movimento Lotta per la Casa – dice Padre Ennio Brovedani, responsabile legale dell’immobile e presidente della Fondazione Stensen – la vendita dell’immobile al politecnico cinese non fa parte di una “ipocrita speculazione economica”, ma di un importante progetto interculturale sollecitato dallo stesso Comune di Firenze, con rilevanti ricadute e benefici per la vivacità e creatività culturali e sociali della nostra città. Tanto più che il ricavato della vendita dell’immobile è destinato a sostenere alcuni progetti dei gesuiti italiani, tra cui l’avvio di un nuovo centro di accoglienza per rifugiati a Roma. Però ci siamo opposti allo sgombero, senza alternative reali e dignitose”.

“In tutti questi mesi abbiamo continuato a portare aiuti umanitari agli occupanti somali e, nello stesso tempo, abbiamo avviato una lunga e impegnativa politica di mediazione con le istituzioni e le associazioni locali al fine di trovare una soluzione per un’accoglienza più dignitosa dell’attuale, anche perché l’occupazione non è certo la soluzione. Recandoci nel palazzo quasi tutti i giorni, abbiamo constatato durissime condizioni climatiche, in particolare con l’arrivo del freddo, insostenibili condizioni di degrado e insicurezza nelle diverse stanze, tra cui condizioni igienico-sanitarie sempre più critiche e bombole a gas fuori norma. L’occupazione, infatti, non favorisce l’integrazione, ma rischia di emarginare e sradicare ulteriormente le persone dal contesto sociale e civile in cui dovrebbero non solo coesistere ma convivere”.