Rotary Club Bisenzio Le Signe, se la felicità è racchiusa in un “manifesto”. Il racconto dell’ultimo libro di Stefano Bartolini

SIGNA – Un manifesto per la felicità. Bello a dirsi, altrettanto a farsi ma soprattutto a leggerlo. “manifesto per la felicità” è infatti il titolo dell’ultimo libro scritto dal professor Stefano Bartolini (nella foto con il presidente Giancarlo Torracchi) e che ieri è stato presentato “eccezionalmente” per il Rotary Club Bisenzio Le Signe. Una vera […]

SIGNA – Un manifesto per la felicità. Bello a dirsi, altrettanto a farsi ma soprattutto a leggerlo. “manifesto per la felicità” è infatti il titolo dell’ultimo libro scritto dal professor Stefano Bartolini (nella foto con il presidente Giancarlo Torracchi) e che ieri è stato presentato “eccezionalmente” per il Rotary Club Bisenzio Le Signe. Una vera e propria guida all’ecologia della felicità, materia che il professor Bartolini insegna, al pari di Economia politica presso l’Università di Siena oltre a pubblicare numerosi saggi su prestigiose riviste accademiche internazionali. E, non a caso, il suo “Manifesto per la felicità” (2013), pubblicato da Feltrinelli, è un long seller già tradotto in cinque lingue. La ricerca che ha sviluppato in questi anni sulla tematica della felicità parte infatti dall’osservazione che l’attuale ordine economico e sociale sembra insostenibile da almeno tre punti di vista: il degrado dell’ambiente, quello delle relazioni tra le persone e quello del loro benessere. Le domande intorno a cui ruota la sua attività sono le seguenti: perché questo accade? E soprattutto, è possibile conciliare una miglior qualità del nostro ambiente, delle nostre relazioni e del nostro benessere con la prosperità economica?

“Non è facile – si legge in una nota del Rotary Club Bisenzio Le Signe – sintetizzare la conversazione che il professor Bartolini ci ha riservato nella presentazione di questa ultima fatica, frutto di lunghe osservazioni e attente indagini, perché la felicità “si può misurare”. Una serata che è iniziata con la storia di un’infermiera che, dopo aver lavorato a lungo in un reparto ospedaliero di pazienti terminali, ha potuto riportare quali fossero i maggiori rimpianti dei pazienti nella fase finale della vita: non già la fama o il successo, ma non avere dedicato abbastanza tempo e spazio alle relazioni umane. La causa? “Gli ostacoli alla felicità”: la colonizzazione culturale del consumismo, il circolo vizioso del possesso, la “competizione” che già in tenera età viene proposta come modello e che, come tale, genera povertà di relazione. Le conclusioni sono state che, viceversa, la condivisione può generare felicità, il possesso ne genera solo una marginale, peraltro creando attorno a noi un grande senso di vuoto”.

Prendendo dunque spunto dalle sue parole, “dobbiamo iniziare a correggere quello che la società e il progresso ci hanno fatto credere, ovvero che siamo “nati per comprare”. Dobbiamo invece osservare, come ha fatto notare il professor Bartolini che “gli effetti positivi sul benessere dovuti al miglioramento nel tempo delle condizioni economiche sono stati compensati dagli effetti negativi dovuti al peggioramento delle relazioni fra le persone”. Insomma, dobbiamo pensare che esista una etica della felicità che passa necessariamente attraverso i beni che la natura ci mette a disposizione, il loro rispetto e la loro condivisione”.