Se la volontà di raccontare con le immagini può tutto: “Un luogo infinito”, la Certosa di Firenze. Stagione dopo stagione

FIRENZE – “Il grande silenzio”, in un tempo di cinema chiassosamente sonoro, che tutto riempie e trabocca, con le sue due ore e 40 di silenzio ci aveva descritto e “portato” nella vita dei frati certosini nella Grande Chartreuse sulle Alpi francesi, offrendo al tempo stesso un’esperienza cinematografica molto diversa da quello a cui il […]

FIRENZE – “Il grande silenzio”, in un tempo di cinema chiassosamente sonoro, che tutto riempie e trabocca, con le sue due ore e 40 di silenzio ci aveva descritto e “portato” nella vita dei frati certosini nella Grande Chartreuse sulle Alpi francesi, offrendo al tempo stesso un’esperienza cinematografica molto diversa da quello a cui il pubblico odierno, frenetico e ansioso, è abituato. “Un luogo infinito”, un docufilm di Media Soluzioni e Giovanna M. Carli, scritto insieme ad Alessio Venturini per la regia di Luigi M. dell’Elba, permette invece, in poco meno di un’ora, tutto quello che racchiude il complesso della Certosa, sulla sommità di Monte Acuto, detto anche “Monte Santo”, un colle di forma conica situato nelle vicinanze del Galluzzo, a sud di Firenze. In quello che vuole essere il racconto di un “sogno di immortalità di uomini che sfidarono il tempo e lo spazio”. La Certosa venne progettata infatti per accogliere 12 monaci padri, di strettissima clausura – arrivati fino a 18 in seguito a un ampliamento del chiostro maggiore – e alcuni fratelli conversi, come si può notare dal numero di celle presenti in tutta la struttura. I monaci di clausura disponevano di una cella piuttosto grande, poiché qui dovevano trascorrere la quasi totalità della loro vita, in meditazione, preghiera e studio, sotto la regola del silenzio. E dopo domani, sabato 17 dicembre, questo luogo infinito sarà possibile ammirarlo davvero, grazie alla prima nazionale del docufilm presto in uscita sulle piattaforme italiane ed europee. Con un fil rouge a legarlo indissolubilmente a “Il grande silenzio”, a che se i monaci qui non ci sono più da tempo.

Infatti, dopo più di 30 anni nel settore dei service del broadcast televisivo, Media Soluzioni ha voluto provare a produrre interamente un documentario e, come spiegano, la Certosa di Firenze “era un soggetto allettante su cui cimentarsi. Un luogo sempre presente nella città, da anni abbandonato ma mai dimenticato. L’idea di una nostra collaboratrice/amica di vecchia data, Giovanna M. Carli ha fatto sì che si creassero le sinergie adatte per poter cominciare a dare corpo a una co-produzione. È iniziata così una lunga fase di ricerca storica, che ha visto coinvolti, l’Archivio di Stato di Firenze, la Soprintendenza e vari consulenti scientifici del mondo dell’arte italiana”. Le riprese sono iniziate nell’inverno del 2018 e si sono protratte fino al Natale del 2021: tre anni. Perché tre anni? Innanzitutto per una scelta legata alla regia, che voleva raccontare il mutare del luogo con il passare delle stagioni. Secondo, la mancanza di un qualsiasi budget che “ci ha costretto a girare nei “ritagli” di tempo, ovvero quando, noi professionisti della troupe non eravamo impegnati in altre produzioni “remunerate”, in quanto tutti abbiamo fornito il nostro lavoro a titolo gratuito”. Terzo, il Covid-19. “Nonostante tutto non ci siamo mai arresi e, sebbene ci avessero esclusi (per 1,5 punti) dai bandi di finanziamento di due Film Commission, sebbene non avessimo trovato il tempo per cercare sponsor, sebbene uno dei produttori fosse stato ricoverato per un mese con tutta la famiglia proprio per il Covid, siamo riusciti a portare a termine la nostra produzione. Un documentario che è frutto di grandi sacrifici, ma anche di grande volontà e di amore per il racconto attraverso le immagini. Nonostante le avversità, non abbiamo mai dimenticato il soggetto della nostra storia, un luogo infinito che ci ha fatto scoprire e tirare fuori il meglio di ognuno di noi come lo ha fatto con i grandi personaggi che in 700 anni di storia sono passati da qui”.

Un assordante silenzio è la prima sensazione che si prova entrando nella Certosa di Firenze. Il luogo mostra, attraverso le testimonianze di una vita di semplicità e di pace, l’equilibrio tra corpo e spirito. Costruita quasi 700 anni fa, poi ampliata e arricchita, è scampata ai bombardamenti delle guerre e con la cementificazione degli anni ’70 è stata quasi inglobata alla città di Firenze. Qui hanno soggiornato Pontormo e Bronzino durante la peste, Napoleone e vari Papi, capi di stato e intellettuali. Rifugio e luogo d’elezione per artisti, intellettuali e politici. Le Corbusier sarà ispirato per la struttura della Unitè d’habitation proprio dall’osservazione delle celle dei monaci. La Pinacoteca, le chiese, gli affreschi del Pontormo, i chiostri e il pozzo attribuito a Michelangelo, conferiscono alla Certosa un fascino e un senso di pace, in uno dei luoghi simbolo della Toscana dell’arte e della spiritualità.

Insomma, da 700 anni il luogo mostra con discrezione, la sua enorme presenza: “La sua grandezza è appunto il filo conduttore del nostro racconto dove si intrecciano, seguendo un percorso temporale, le vite dei personaggi che da qui sono passate. Si tratta di personaggi famosi, ma anche di semplici frati e di persone comuni che la Certosa ha cambiato o aiutato a cambiare spiritualmente. Ma tutto questo come è potuto accadere? L’infinità dello spazio e la sua chiusura verso il mondo esterno hanno fortemente contribuito a plasmare i personaggi che di volta in volta si sono succeduti”.

Nel cinema del reale, una delle formule narrative di montaggio, quasi obbligata, è il taglio o più comunemente dall’inglese, cut, che indica il passaggio da un’immagine all’altra, da una scena all’altra in tempo reale ed è spesso “aiutato” da un rumore della scena stessa. Una chiusura di una porta, lo squillo di un campanello, uno sparo e così via dicendo. E tutto si svolge nello stesso istante. “Nel nostro racconto del reale, invece, – aggiungono – abbiamo introdotto la dissolvenza, tipica del passaggio di tempo o della sua dilatazione. Una scelta tecnica/narrativa con cui abbiamo voluto esasperare la lentezza, la calma, la tranquillità, sinonimi di spazio. Non sono i rumori forti a coadiuvare i cambiamenti di immagine bensì piccoli rumori. Il rintocco della campana per l’ora, il crepitio di una candela, le cicale d’estate e il vento e la pioggia d’inverno, ma anche un cane che abbaia in lontananza e i passi sulla neve impressi da non si sa chi. Non rumori, quindi, ma brevi echi che rompono un silenzio che, invece, lo spazio amplifica. L’uso dello Slow Motion marca il senso del lento trascorrere del tempo. Le riprese ci svelano i più piccoli dettagli delle numerose opere della Certosa spesso invisibili al comune visitatore. Le vedute aeree offriranno poi un punto di vista assolutamente inedito. Ampi spazi del racconto, sono lasciati, invece, a sole immagini e musica, originale, che è stata composta ed eseguita per l’occasione dalla musicista Maria Socci. La voce narrante, calda e discreta, dell’attore Sandro Lombardi, integra gli interventi dei grandi esperti della Certosa e dell’arte italiana. Un edificio bellissimo, armonico, gradevole e imponente, costruito dall’uomo ma in cui, oggi, non esiste presenza umana. Lo spettatore vedrà questi luoghi, molti inediti, cambiare aspetto, luce e forma durante il corso della giornata e nel corso delle stagioni”. Un luogo davvero infinito.