Sergio Aguirre “Mi manca il teatro, ma stare in casa è un’opportunità per riscoprire il nostro mondo”

CAMPI BISENZIO – Stare a casa: l’invito che ci viene rivolto e c’è chi lavora, chi scopre nuove attività, chi legge e chi si prepara per ripetere “la cerimona del teatro”. Sergio Aguirre, attore e regista, ci racconta come vive le giornate nella sua abitazione. In questo particolare momento di emergenza sanitaria in cui è […]

CAMPI BISENZIO – Stare a casa: l’invito che ci viene rivolto e c’è chi lavora, chi scopre nuove attività, chi legge e chi si prepara per ripetere “la cerimona del teatro”. Sergio Aguirre, attore e regista, ci racconta come vive le giornate nella sua abitazione.

In questo particolare momento di emergenza sanitaria in cui è stato richiesto di restare a casa, cosa significa per chi fa il lavoro nello spettacolo?

Il Corona Virus ha preso a tutto il mondo in contropiede, costringendo tutti a restare a casa. Per noi teatranti, e per tutti quelli che facciamo spettacolo dal vivo, che in condizioni normali non la passiamo tanto bene, da un giorno all’altro ci siamo trovati a dover interrompere tutto tipo di attività. Una situazione grave, per noi tutti, artisti, tecnici, organizzatori e tutto l’indotto, ma il senso civico e nel rispetto delle direttive dello Stato non ci rimane che chiuderci in casa e aspettare. Prima pensiamo all’emergenza e poi penseremo a come ripartire. Io resto a casa. Ma ripensando in solitudine mi manca la cerimonia del teatro. Avevamo diverse repliche di due spettacoli che stiamo portando in giro, C’era una volta il flauto magico, e Dali vs. Picasso, una ripresa. Avevamo cominciato le prove. Mi mancano. Mi manca l’atto creativo, l’azione creatrice che trasforma l’impossibile in possibile. La capacità di fantasticare in scena. E poi l’incontro con il pubblico che chiude il circuito, il rito laico collettivo, un rito della comunità di cui facciamo parte. L’uomo manifesta attraverso il rito, attraverso la cerimonia, la propria volontà di esprimere sé stesso, sia come individuo, sia come essere collettivo: cioè non soltanto di esprimere ma di comunicare. Mi manca anche l’adrenalina, la risata del pubblico, gli sguardi. Mi mancano anche, come docente, l’incontro con i gruppi di lavoro, il contatto, il piacere di giocare insieme a loro al ‘Grande Gioco del Teatro’. Mi mancano le loro scoperte, le sorprese, le conquiste, l’interazione, l’immaginazione. La fisicità delle lezioni, lo scambio, il rischio, il qui ed ora, l’azione, i conflitti.

Come organizzi le giornate a casa?

Dopo un primo momento di smarrimento, ho cominciato ad organizzarmi, ho più tempo per la lettura, per progettare, per ascoltare musica, per studiare, e poi per comunicare con i gruppi della Scuola di Teatro e con i miei amici. Con i gruppi di teatro cerchiamo di tenerci in contatto. Piccoli esercizi a distanza, video d’improvvisazioni, esercizi, video conferenze,  per che “il teatro non si ferma”.

Restando a casa hai recuperato qualche attività che avevi abbandonato? Se sì quale?

La radio. Ho cominciato ad ascoltare radio, mi piace. Prima era solo un momento casuale, in macchina soprattutto. Poi siccome ho molto più tempo e mangiare devo mangiare, “Cucino”, di solito è una cosa veloce, niente di elaborato. Ora ho il piacere di gustarmi ogni cosa, il tempo che rallenta. Slow Food. E anche questo mi piace rallentare. Mi piace, provare, fare esperimenti. L’unico problema è che lo faccio solo per me.

Quando tutto finirà pensi che questa esperienza influenzerà la tua attività (in senso creativo)?

Penso di si, siamo davanti ad un momento storico dell’umanità, anche se ce lo saremmo risparmiati volentieri. Ma, la storia va avanti così, periodi bui, conflittuali, che poi si risolvono, e ci trasformiamo, ci trasformano, ci cambia, vedremo presto la luce. Un’esperienza che ci fa crescere. Noi artisti, attori, drammaturghi e sceneggiatori del nostro tempo abbiamo il compito di raccontare all’umanità del futuro questo momento storico, con una metafora, una storia comune o surreale, il Corona Virus del 2020 sicuramente sarà fonte d’ispirazione, così come la Peste ha ispirato Boccaccio o Shakespeare.

Un consiglio per chi resta a casa ti senti di darcelo? 

Bisogna capire che “stare in casa” non è una condanna ma anche un’opportunità per riscoprire il nostro mondo. Posso dare un consiglio a tutti, anche se non sono scrittori, anch’io cercherò di farlo, scrivete! Raccontiamo quello che sta succedendo, utilizziamo i social, sentiamo i nostri amici, le loro storie, raccontiamo queste storie. Che tutte queste piccole/grandi storie non si perdano, come dice un famoso personaggio, “come lacrime nella pioggia”. Poi approfittate per leggere, leggere e leggere, abbiamo tutto il tempo, accanto ad una tazza di thè. Di solito lo faccio prima di dormire, non riusciamo mai a ritagliarci un po’ di tempo per la lettura, consiglio di utilizzare questi giorni per metterci in pari. Come ha detto Umberto Eco “chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.