“Signori, in carrozza”. E il museo si rivela uno “scrigno” di ricordi, aneddoti e storia delle ferrovie

SIGNA – Se nella Piana c’è un museo che è un piccolo gioiello – o un piccolo gioiello che è un museo – lo è sicuramente il Museo di oggettistica ferroviaria “Galileo Nesti” ospitato al “piano ferro” (il primo piano) della stazione di Signa. Un museo che oggi ho avuto l’opportunità di ammirare come visitatore […]

SIGNA – Se nella Piana c’è un museo che è un piccolo gioiello – o un piccolo gioiello che è un museo – lo è sicuramente il Museo di oggettistica ferroviaria “Galileo Nesti” ospitato al “piano ferro” (il primo piano) della stazione di Signa. Un museo che oggi ho avuto l’opportunità di ammirare come visitatore grazie all’iniziativa organizzata da Fap Acli Firenze e Veterani dello sport Le Signe “Nesti-Pandolfini”. Con l’aggettivo piccolo che non vuole essere assolutamente usato per sminuire il lavoro fatto in questi anni dall’associazione ferrovieri guidata da Salvatore Leoni, che a Signa ha lavorato e che adesso, in questa avventura, è circondato da tanti degli “ex ragazzi” di quegli anni. D’altronde lo dice anche la tradizione che “nelle botti piccole ci sta il vino buono”, anche se qui non si parla di caratelli e grappoli d’uva ma di “palette” e binari, di divise e fischietti, di quell’umanità che stride, e non poco, con la voce metallica che annuncia l’arrivo sul binario 2 del treno regionale diretto a Pontremoli. Tutto questo mentre all’interno del museo Leoni è completamente a suo agio nell’illustrare telefoni, telegrafi e quadri elettrici, tutti perfettamente funzionanti e rimessi a nuovo dalle sapienti mani di chi le Ferrovie dello Stato le hanno vissute e le hanno amate. Lo dimostrano appieno le parole lasciate, anzi “vergate a mano” sul registro delle firme da un ospite del museo: “Che sia di esempio per i più giovani e di rispetto per il mondo della ferrovia”. Un mondo a parte, un mondo che ormai fa parte del passato anche se, giustamente, Leoni usa il presente per descrivere come funziona un segnale o il telegrafo. Proprio come se fossero quegli strumenti a decidere ancora partenze e arrivi in stazione. A Signa come altrove. Perché l’immaginario e l’immaginazione possono tanto, possono tutto e il ricordo di quegli anni belli può essere anche usato per mettere un freno all’avanzare della tecnologia. Indispensabile, per carità, ma che non potrà mai sostituirsi alla bellezza, alle emozioni e alle suggestioni di quei momenti. “Signori, in carrozza”.