Sinistra per Lastra, il no alla Multitutility “così pensata” è netto: “La quotazione in borsa non è una via obbligata…”

LASTRA A SIGNA – Sinistra per Lastra esprime la sua netta contrarietà all’operazione Multiutility: “L’aspetto critico della questione – si legge in una nota – non è la spinta aggregativa a livello regionale: se i Comuni si limitassero a fondere le rispettive partecipazioni delle tante e piccole attuali società di gestione in un’unica società toscana […]

LASTRA A SIGNA – Sinistra per Lastra esprime la sua netta contrarietà all’operazione Multiutility: “L’aspetto critico della questione – si legge in una nota – non è la spinta aggregativa a livello regionale: se i Comuni si limitassero a fondere le rispettive partecipazioni delle tante e piccole attuali società di gestione in un’unica società toscana interamente pubblica, l’operazione meriterebbe un approfondimento e un’attenzione positiva. L’aspetto critico è un altro: l’apertura a un azionariato privato e la conseguente quotazione in borsa della società. Noi, invece, riteniamo la quotazione in borsa un grave errore da respingere: innanzitutto perché non rispetta l’indicazione politica emersa a stragrande maggioranza dai referendum popolari del 2011 sull’acqua pubblica e sul divieto di includere in tariffa la remunerazione del capitale investito dal gestore, una decisione democratica compiuta direttamente dal popolo italiano vergognosamente ignorata per 10 anni ed ora in procinto di essere ulteriormente trascurata”.

“Avvertiamo, in scelte come questa, – continuano – il pericolo di contribuire alla diffusione di un sentimento di disaffezione e sfiducia popolare nel funzionamento delle nostre istituzioni democratiche, riscontrabile anche nel crescente astensionismo alle più recenti tornate elettorali. La quotazione in borsa è un errore anche dal punto di vista dell’efficienza e dell’economicità del servizio: è una scelta raccontata dai proponenti come pragmatica e obbligata per impedire alle piccole aziende toscane di essere soppiantate dalle enormi aziende multiservizi (pubbliche o private) nate in questi anni e che operano nel “mercato dei servizi” con un vantaggio competitivo dovuto alla loro maggiore dimensione. Ma i proponenti si scordano spesso di dire che il confronto sul mercato non è l’unico destino possibile per le aziende di servizi pubblici: la legge infatti consente agli enti locali di gestire direttamente i servizi pubblici tramite società cosiddette in-house (società a partecipazione completamente pubblica operanti fuori dalla Borsa). E’ importante sottolineare come la maggior parte degli studi e delle ricerche universitarie e di categoria mostrino che molte delle più efficienti aziende italiane di servizi siano pubbliche. Sono finiti i tempi in cui il privato poteva vantare il mito di una maggiore efficienza di default sul pubblico. Trent’anni di riforme e di ricambio generazionale nella pubblica amministrazione hanno creato i presupposti per una differenza qualitativa tra pubblico e privato da stabilirsi di volta in volta e basata sulla capacità professionale dei dirigenti e del personale; non sul modello proprietario in sé”.

“Ricordiamo – dicono da Sinistra per Lastra – che la Toscana stessa può vantare esperienze pubbliche di successo, in particolare per le aziende in-house dei Comuni costieri. Dobbiamo purtroppo tenere conto del fatto che gli enti pubblici toscani non sono nella condizione di finanziare gli investimenti per ammodernare la rete infrastrutturale dei servizi idrici ed energetici tramite le risorse dei propri bilanci. Quindi è indispensabile reperire risorse dall’esterno: i sostenitori della quotazione in Borsa infatti ritengono che reperire risorse in Borsa abbia un costo inferiore rispetto all’apertura di un prestito presso una qualsiasi banca. Questo, pur se può essere inizialmente vero, non tiene conto della volontà degli azionisti privati di ottenere un profitto sotto forma di utili”. “Anche le banche – aggiungono – offrono prestiti a chi dimostra di poter garantire degli utili, ma in questo secondo caso i guadagni rimarrebbero tutti in mano pubblica mentre con la quotazione la metà finirebbe come remunerazione ai soggetti privati, privando la società di una quantità di denaro maggiore rispetto alla quota di interessi da pagare alla banca”.

“Come pensa di fare utili una società che ha come unica fonte di entrate le bollette degli utenti? Semplicemente agendo sull’unica fonte di entrata: aumentando le bollette. In questo periodo di inflazione e grave difficoltà economica per le famiglie e le imprese non è pensabile scaricare in modo indiscriminato sull’utenza anche questo costo. Se degli utili ci devono essere – concludono – non è accettabile che non vadano interamente al pubblico per essere redistribuiti ai cittadini sotto forma di servizi, ma diventino per metà profitto di pochi ricchi soggetti finanziari. Molte altre sarebbero le considerazioni da aggiungere, ma basta quanto detto finora per capire che la scelta della quotazione non è una via obbligata, non è la soluzione tecnicamente migliore a disposizione. E’ invece una scelta a disposizione tra le tante, alcune anche tecnicamente migliori. E’ insomma una scelta politica ispirata a una vera e propria ideologia, a volte pure esibita inconsapevolmente: quella del mercato. Riteniamo sia nell’interesse dei cittadini che le scelte di natura politica non siano presentate come tecniche, affinché le persone siano libere di formarsi un’idea correttamente informata e siano libere di capire quali sono le opzioni che meglio garantiscono i propri interessi. Gli interessi dei cittadini, sia sotto il profilo del costo che sotto quello della qualità del servizio, devono essere meglio garantiti dal pubblico quando si tratta della gestione dei beni comuni e quando il pubblico è messo nella condizione di lavorare”.