Smart working: dossier di Confesercenti Toscana, rivoluzione da gestire

FIRENZE – Dopo la fase di emergenza, lo smart working nel nostro Paese e in Toscana sta diventando sempre più strutturale, portando con sé una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro e nel modo di vivere la città. Una rivoluzione che bisogna imparare a gestire, perché avrà un impatto profondo ma asimmetrico sulle […]

FIRENZE – Dopo la fase di emergenza, lo smart working nel nostro Paese e in Toscana sta diventando sempre più strutturale, portando con sé una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro e nel modo di vivere la città. Una rivoluzione che bisogna imparare a gestire, perché avrà un impatto profondo ma asimmetrico sulle imprese: da un lato porterà il sistema imprenditoriale a risparmiare, dall’altro farà perdere fatturato alle attività della ristorazione, del commercio, del turismo e dei trasporti, in particolare nei capoluoghi e nei grandi centri urbani. Di seguito riportiamo i dati principali e le stime del dossier di Confesercenti Toscana sul tema “Cambia il lavoro, cambiano le città”, incentrato sugli effetti dello smart working su imprese, famiglie e società.  

Quanti “smart worker” toscani e dove sono impiegati? Attualmente in Toscana sono principalmente gli indipendenti e i dipendenti privati – la gran parte dei lavoratori della pubblica amministrazione è tornata in presenza – a continuare a lavorare da remoto in virtù della proroga accordata, fino al 31 agosto 2022, al regime straordinario di smart working. E in futuro cosa ci aspetta? Inclusi i lavoratori indipendenti e i professionisti, il numero di professionalità “potenzialmente lavorabili da remoto” è il 36,1% del totale degli occupati. Partendo dall’ipotesi di un’adesione volontaria allo smart working, Confesercenti Toscana ha condotto un sondaggio con SWG tra i lavoratori. Il 50% sarebbe interessato a lavorare totalmente da remoto, un 26% è favorevole a una parziale presenza in azienda/ufficio, il 15% invece vorrebbe svolgere completamente l’attività nella sede aziendale; il 9% non si pronuncia.

Le professionalità “lavorabili” da remoto si possono collocare nelle attività dei servizi dove può lavorare in smart working il 39%, ma con grandi differenze a seconda del comparto d’attività. Ad esempio, il commercio, col 26% del totale occupati nel comparto, e soprattutto la ricettività-pubblici esercizi, con solo il 6,7% delle professioni lavorabili da remoto, sono poco coinvolti. L’universo generale è costituito dalle professioni intellettuali, tecniche ed impiegatizie. Per quanto riguarda le attività pubbliche o private nei campi dell’istruzione e sanità, nonché nei servizi generali della P.A, si ipotizza che il 41% dei professionisti possono esercitare da remoto. La propensione a lavorare in smart working riguarderebbe soprattutto i giovani. Il 56,5% dei millennials direbbe infatti sì al lavoro da remoto, percentuale superiore del 25% rispetto alla media dei lavoratori.

Commercio. L’amore dei toscani per l’e-commerce, letteralmente esploso in seguito al primo lockdown, cresciuto anche nel successivo periodo di restrizioni e con lo smart working, – che ha abituato le persone a fare acquisti a distanza – non arretra con il ritorno alla normalità. L’indice delle vendite elaborato dall’Istat indica che nel primo trimestre di quest’anno il canale del commercio elettronico (di aziende toscane) è superiore in valore del 60,1% rispetto al primo trimestre del 2019, prima della pandemia. Tra le altre forme di distribuzione, nonostante la ripartenza dello scorso anno, solo la grande distribuzione supera i livelli pre-pandemia: +6,6%. Ancora negativo è invece il segno per le piccole superfici (-0.6%) e soprattutto per le vendite al di fuori dei negozi (-7,8%). Tuttavia, allo smart working potrebbe associarsi anche una riscoperta del commercio di prossimità, legato alla rivitalizzazione dei quartieri meno centrali e dei centri di minori dimensioni. I dati del primo trimestre 2022 segnalano infatti un aumento delle vendite non alimentari su piccole superfici dell’11,7%, superiore a quello riscontrato per la grande distribuzione (+11,4%).

Turismo congressuale in Toscana. Eventi, convegni, riunioni – perfino audizioni parlamentari – si svolgono sempre più spesso da remoto o in modalità ibrida. La pandemia ha avuto un impatto enorme sul mondo del congressuale e degli eventi. Nel 2020 le conferenze, i congressi, le fiere e le manifestazioni hanno subito un blocco quasi totale stimato al 95% del volume di attività realizzato nel 2019. Nel 2021 gli Operatori del settore hanno registrato qualche segnale di inversione di tendenza, ma la ripresa parziale di alcuni eventi “in presenza” ha comunque fatto registrare risultati ben al di sotto di quelli conseguiti nel periodo pre-pandemico (-65%). La situazione è di poco migliorata nel primo trimestre del 2022: secondo le stime Confesercenti, tra gennaio e marzo di quest’anno il turismo congressuale registra ancora il 56% in meno di volume di attività rispetto allo stesso periodo del 2019.

I consumi delle famiglie toscane. Lo smart working influisce sulle abitudini di consumo e sulla tipologia di spesa per la famiglia. Chi lavora da remoto spende di più per la tecnologia per lavorare da casa (spesa informatica +18%); di meno per la cura della persona (-1,3%) e per l’abbigliamento (-7,5%), di più per la cura dell’abitazione (+7%); inoltre, consuma un minore numero di pasti fuori, utilizza meno i trasporti e le attività ricettive ma allo stesso tempo aumenta la spesa per prodotti alimentari e utenze domestiche. Il bilancio tra maggiori e minori consumi, però è negativo: se diventasse strutturale, lo smart working porterebbe le famiglie a spendere meno rispetto ai livelli pre-pandemia.

Gli effetti sulle imprese. La riduzione di personale in presenza può portare un sensibile risparmio per le imprese, dai costi sostenuti per l’acquisto e gli affitti dei locali a quelli del consumo di energia elettrica e gas, di trasporto e spostamento e tutto l’insieme dei costi indiretti. Secondo le stime di Confesercenti, uno scenario di lavoro da remoto strutturale genererebbe un risparmio per il sistema imprenditoriale, controbilanciati da pesanti cali di fatturato, soprattutto per le imprese di turismo, ristorazione e trasporti e nei casi più negativi con la chiusura di numerose attività e la perdita di occupati in particolare nei pubblici esercizi e nella ricettività. 

Le proposte condivise anche da Confesercenti Toscana da poter avanzare al governo.

Alla luce dei dati emersi, anche per Confesercenti Toscana sono tre le proposte da poter avanzare al governo: “La prima è un fondo rotativo di riconversione per tutti quegli esercizi commerciali a rischio chiusura, che finanzi progetti di investimento almeno a cinque anni ad un tasso agevolato, da collegare ad investimenti in nuove tecnologie e nel segno della sostenibilità ambientale, finanziando così quelle imprese del commercio (bar, ristoranti, alberghi) che vogliono avere un’impronta green e digitale per queste città che si trasformano, – spiega Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana – la seconda proposta riguarda il Pnrr e la rigenerazione urbana. Dobbiamo aprire una riflessione sul tipo di rigenerazione che si sta affermando spontaneamente e che sta provocando una redistribuzione di attività tra diverse zone della città, con effetti negativi per molte imprese – afferma il presidente di Confesercenti Toscana -. Per le imprese del commercio ed i pubblici esercizi, infatti, è un improvviso cambiamento dei vantaggi localizzativi, che si spostano a favore dei quartieri periferici e dei centri urbani di minori dimensioni, penalizzando i centri storici e le aree di precedente destinazione del pendolarismo quotidiano. Occorre riportare il bilancio in positivo, sostenendo le nuove localizzazioni e la riconversione, specie degli esercizi a rischio chiusura. Gli enti locali dovrebbero lanciare bandi per la rigenerazione urbana su piccola scala, che abbiano come riferimento aree circoscritte e da affidare a raggruppamenti di imprese commerciali, costruendo una progettualità per la nuova città e il nuovo commercio”. “Come terzo punto, infine, proponiamo la creazione di un’Agenzia per il sostegno e la formazione dell’impresa di vicinato e delle imprese diffuse, una collaborazione pubblico-associazioni di imprese per dare vita ad imprese efficienti, preparate, integrate con il territorio, rispettose dell’ambiente e in linea con le nuove abitudini di vita e di consumo degli italiani”, conclude Gronchi.