Spiaggia urbana, l’ad della società fa chiarezza: “Le vicende di cui si parla? La Cassazione ha massacrato entrambe le sentenze”

CALENZANO – Prima c’è stata la richiesta di chiarimenti da parte di Sinistra per Calenzano sulla società che si è aggiudicata il bando per la gestione della spiaggia urbana de La Chiusa, la Macinata Milano srl. Quindi è arrivata la replica dell’amministrazione comunale: “I controlli svolti dagli uffici, sia sulla società che sui suoi amministratori, […]

CALENZANO – Prima c’è stata la richiesta di chiarimenti da parte di Sinistra per Calenzano sulla società che si è aggiudicata il bando per la gestione della spiaggia urbana de La Chiusa, la Macinata Milano srl. Quindi è arrivata la replica dell’amministrazione comunale: “I controlli svolti dagli uffici, sia sulla società che sui suoi amministratori, hanno evidenziato che non risultano condanne per i reati riportati nei giorni scorsi sul web e sui social e non ci sono motivi per rivedere l’esito della selezione”. Oggi è stato lo stesso amministratore delegato, Giuseppe Carlo Lingria (nella foto), a voler fare chiarezza sulla vicenda: “La Cassazione ha massacrato entrambe le sentenze e dalle vicende che mi vedevano coinvolto ne sono uscito nel migliore dei modi, completamente pulito. Nessuno, tuttavia, mi restituirà quello che mi è stato tolto….”.

Entrando nel merito della vicenda, come scrive lo stesso Lingria nella e-mail che ha inviato alla nostra redazione, “riguardo l’accusa relativa all’incidente di Castel di Poggio la risposta definitiva l’ha data la Corte di Cassazione: la sentenza dell’11 dicembre 2020 ha cancellato la condanna annullando la sentenza di appello in via definitiva, senza neanche rinviare in appello o richiedere la ripetizione del processo. Questo vuol dire che ho subito quasi dieci anni di processi sia giudiziari ma soprattutto mediatici in cui sono stato considerato ingiustamente colpevole. Dalle motivazioni della sentenza si evince come io non mi sono salvato per prescrizione, come spesso accade in Italia, ma al contrario la cassazione mi ha ritenuto innocente riguardo ai reati di crollo colposo in base agli articoli 434 e 449 del Codice penale e ha annullato la sentenza che ha prodotto la condanna a tre anni e tre mesi di reclusione e all’interdizione di cinque anni dai pubblici uffici. L’estinzione per prescrizione riguarda solo la possibilità che io possa essere giudicato per reati minori derivanti dalla derubricazione dei reati di cui sopra: reati che, essendo estinti per intervenuta prescrizione, hanno comportato l’annullamento della sentenza senza rinvio in appello. Mi premeva molto far notare come la prescrizione non abbia riguardato i reati di cui sono stato giudicato colpevole ma riguardo a quelli la cassazione abbia sancito la mia totale innocenza”. “Fra l’altro – aggiunge – la Cassazione ha ritenuto ingiustificata la mia condanna anche da un punto di vista di nesso causale, cioè ha ritenuto che l’incidente non sia stato causato dal mio operato tanto che ha annullato anche gli effetti civili delle sentenze”.

“Riguardo al mio coinvolgimento nei fatti relativi al locale Dolce Zucchero, avvenuti nel 2018, vorrei far presente che sono stato amministratore unico del Dolce Zucchero dal 1993 fino al 2007. In quegli anni ho organizzato eventi in collaborazione con le più prestigiose istituzioni, ho organizzato eventi di beneficenza, ho promosso importanti campagne di educazione civica distinguendomi per essere tra i primi locali di spettacolo, già negli anni ’90, a partecipare insieme alla Rai e al Comune di Firenze alla campagna per la sensibilizzazione sull’abuso di alcol tra i giovani. Ma non solo, perché non ho mai ricevuto neanche una contravvenzione per disturbo della quiete pubblica o per superamento dei livelli di rumore. Al tempo dei fatti citati avevo un età (quasi 50 anni)  e una situazione sia familiare (tre figli piccoli) che professionale, non più compatibile con la gestione di un locale notturno e infatti ho accettato di rientrare al Dolce Zucchero solo con una minuscola quota societaria (5%) e con il ruolo di collaboratore per non più di due o tre giorni la settimana. Non vedo quindi come si possa addossare a me responsabilità di una gestione che non mi apparteneva da oltre due lustri, solo sulla base  del possesso di una insignificante quota della società cui peraltro non corrispondeva alcun potere di rappresentanza”.

“Oltre questi aspetti vorrei far notare che  durante il processo del presunto stupro è emerso che il presunto stupratore è stato consegnato alla giustizia da me personalmente , dato che, profondamente scosso dall’accaduto anche perché la scuola che organizzava la festa era frequentata dai figli di alcuni cari amici, mi ero dedicato con solerzia alla ricerca del presunto colpevole ritenendo opportuno affidarlo al giudice che avrebbe valutato eventuali profili di responsabilità. Ma soprattutto è emerso dal processo “che lo stupro non ha avuto luogo e il presunto stupratore è stato assolto (da un giudice donna) perché il fatto non sussiste”.