Stare a casa. Andrea Giorgetti, medico e volontario CAI “riscopro la lentezza e programmo le camminate”

SESTO FIORENTIO – In questi tempi dominati dal Coronavirus non cambia solo il nostro comportamento quotidiano che deve essere rispettoso e contenere il contagio da Covid-19, ma anche i modelli di riferimento, oggi rappresentati dal personale sanitario e cambiano le nostre priorità: la sicurezza prima di tutto. Mascherine e guanti, prodotti disinfettanti diventano quasi oggetti […]

SESTO FIORENTIO – In questi tempi dominati dal Coronavirus non cambia solo il nostro comportamento quotidiano che deve essere rispettoso e contenere il contagio da Covid-19, ma anche i modelli di riferimento, oggi rappresentati dal personale sanitario e cambiano le nostre priorità: la sicurezza prima di tutto. Mascherine e guanti, prodotti disinfettanti diventano quasi oggetti del desiderio e stare in casa diventa occasione per riscoprire la lentezza, i tempi lunghi e rilassati. Con Andrea Giorgetti, medico ortopedico, volontario CAI, abbiamo parlato della sanità e del lavoro di medico nella situazione attuale e delle camminate “sospese” del Club Alpino Italiano.

In questo particolare momento di emergenza sanitaria a tutti noi è stato chiesto di modificare drasticamente le nostre abitudini e di stare a casa. Come medico come vivi questa condizione e cosa significa oggi continuare a lavorare in ospedale?

Mi sento estremamente limitato nella mia libertà personale come penso la maggioranza dei cittadini. Limitato sia nell’agire che nel pensare. L’agire riferito in particolare al tempo libero, ai miei hobby che mi impegnano durante la vita, che mi servono come importante valvola di sfogo per la tensione che inevitabilmente si accumula durante l’attività lavorativa. Anche il pensiero però è frenato soprattutto per quanto riguarda la consueta e continua attività di programmazione di viaggi e iniziative diverse sia per il CAI che la famiglia e per gli amici perché è dalla condivisione con gli altri delle belle situazioni e dei bei paesaggi e delle emozioni che ottengo la massima ricompensa e soddisfaczio. Anche la professione medica, e ciò può suonare strano in questo motivo di emergenza, ha subito un rallentamento perché fortunatamente per noi e soprattutto per i pazienti l’ortopedico è stato escluso dall’attività di cura dei paziente con polmonite come suggerito anche da numerose foto e slogans del tono “state in casa se non volete che l’ortopedico curi la vostra polmonite” apparsi sul web. Il lavorare infatti all’AOU di Careggi non ha reso necessario, a parte gli scherzi, il nostro utilizzo avendo a disposizione personale medico specialistico (anestesisti, internisti, infettivologi e pneumologi) più qualificato e competente, anche se evidente è la carenza di organico sanitario e l’affanno conseguente per il personale che fortunatamente ha retto qui più facilmente considerata una percentuale di malati inferiore rispetto alla Lombardia e alle altre regioni del nord. L’attività dell’ospedale per noi ortopedici si è complessivamente ridotta; sono mantenuti i turni di guardia al pronto soccorso ortopedico, che per noi costituiscono l’unico momento di rischio di incontrare il coronavirus, e l’attività chirurgica riferita al trattamento delle fratture del femore dell’anziano che continuano ad arrivare; ovviamente è stata ridotta l’attività di controllo delle visite ambulatoriali,l’attività di reparto e l’attività chirurgica non di urgenza elettiva in quanto non viene più svolta per volontà del governo centrale e regionale l’attività chirurgica programmata (protesi, artroscopie, etc).

Città e strade vuote, negozi chiusi, anche in ospedale si vive una condizione “sospesa”?

Sicuramente condivido l’idea di vivere una condizione sospesa, una condizione di incertezza. Non ho ancora chiara l’idea di pericolo. E’ quello che i nostri governati sicuramente non sono stati in grado di fare apprezzare all’inizio dando indicazioni non chiare a cominciare dalla difesa dall’infezione; l’utilizzo delle mascherine all’inizio non era necessario neppure per i sanitari. Pensare che ciò sia stato detto semplicemente per non diffondere il panico in quanto non erano disponibili forse non è sbagliato. Sicuramente l’unica attenuante per i nostri amministratori è che anche gli scienziati navigano ancora a vista e ragionano con la pancia piuttosto che con i dati. L’incertezza è data dalla gestione di questa emergenza sanitaria. Anche qui in Toscana l’idea è che ci si muova ad istinto o alla cieca tanto per demagogia.

Medico e volontario del CAI: con l’emergenza sanitari immagino che molti progetti siano in stand by, state pensando a come riprendere l’attività quando sarà finito il periodo “sospeso”?

Tutte le attività programmate del CAI e non solo sono forzatamente interrotte. Due viaggi programmati in Andalusia a marzo e in Costiera Amalfitana, proprio in questi giorni, sono già saltati come salterà la gita del CAI in Bretagna programmata dal 18 giugno. L’attività istituzionale del CAI riferita ai corsi di formazione, all’attività di manutenzione dei sentieri piuttosto che alle gite è sospesa; non è stato possibile svolgere l’assemblea annuale nella quale si doveva procedere all’elezione del nuovo consiglio direttivo. Siamo in ansia per poter ripartire e se la fase 2 inizierà il 4 maggio forse saremo in grado di riprendere almeno l’attività delle gite giornaliere di fine primavera. Speriamo che anche i corsi di formazione possano ripartire. L’attività all’aria aperta penso che sia la meno a rischio. Rischiano sicuramente più i calciatori. Faremo anche l’assemblea e il rinnovo del consiglio direttivo. Più difficile sicuramente riprendere l’attività di arrampicata indoor sulla struttura del liceo scientifico

Come trascorri le giornate fuori dal lavoro in questo periodo?

Sicuramente in modo più tranquillo. Ho riscoperto le pantofole e la soddisfazione di un po’ di tempo libero. Mi sto dedicando alla realizzazione di slide-show dei miei viaggi. Ho concluso il video sulla Norvegia (estate 2019) e sto lavorando a quello delle Capitali Baltiche (estate 2018) rimasto indietro a causa dei troppi impegni di lavoro e di viaggio.

Cosa pensi ti resterà dopo questa esperienza che ci ha modificato la vita?

Speriamo di mantenere un andamento di vita più lento. Io ho sempre ben avuto presenti i valori che in famiglia i nostri vecchi ci hanno insegnato. Credo che dovremo mettere al centro l’Ambiente ed auspico la nascita di un movimento ambientalista che sappia affermarsi in una gestione politica di governo  condiviso tra il maggior numero di soggetti politici. Ho avuto grande soddisfazione dal mio lavoro per i risultati professionali conseguiti ottenuti ma in particolare dal rapporto con le persone. Purtroppo in 30 anni di attività in ospedale il modo di lavorare è cambiato in maniera sostanziale sia per quanto riguarda i rapporti con i pazienti ed i loro parenti sia per la gestione della sanità pubblica. Oggi il personale sanitario è inspiegabilmente e con meraviglia sugli altari. Speriamo che anche domani la gente si ricordi di noi e se soltanto sarà mantenuto il 25% delle buone valutazioni saremo contenti.