Stare a casa. Dimitri Milopulos “Gli artisti non vivono d’aria. Il teatro ha bisogno del pubblico dal vivo. Dovremo ricostruire tutto”

SESTO FIORENTINO – In attesa di tornare ad una situazione “normale” con teatri, cinema aperti e spazi pubblici dove allestire spettacoli, per adesso in questa situazione di emergenza sanitaria, dobbiamo stare a casa. Anche il “mondo del teatro” si è adeguato ad una mancanza di pubblico iniziando, in alcuni casi, ad utilizzare le possibilità del […]

SESTO FIORENTINO – In attesa di tornare ad una situazione “normale” con teatri, cinema aperti e spazi pubblici dove allestire spettacoli, per adesso in questa situazione di emergenza sanitaria, dobbiamo stare a casa. Anche il “mondo del teatro” si è adeguato ad una mancanza di pubblico iniziando, in alcuni casi, ad utilizzare le possibilità del web, ma il teatro è un’altra cosa e perde il suo fascino senza il pubblico. E poi quello che manca è il lavoro, come spiega Dimitri Milopulos, direttore del Teatro della Limonaia, attore e regista, perchè dice “gli artisti non vivo d’aria”. Lo abbiamo “incontrato virtualmente” per capire cosa sta accadendo, in quarantena, al teatro di Sesto Fiorentino e ai suoi attori.

Cosa fai in questa situazione di emergenza

Sto a casa! Inizialmente mi sono catapultato a lavorare. Credo di aver lavorato davvero in continuazione senza pause per settimane. Fino allo sfinimento. Ho approfittato per sviluppare due progetti che sto per portare prossimamente in scena. Il primo è uno spettacolo – omaggio a Barbara per i 15 anni dalla sua scomparsa. È un lavoro del quale vado molto fiero (per ora non dico altro per scaramanzia) e che avrei voluto presentare ora ma purtroppo vista la situazione non sarà possibile, quindi verrà presentato quando tutto questo incubo sarà finito. Il secondo è lo spettacolo che aprirà il prossimo Intercity “Tom alla fattoria” di Michel Marc Bouchard. Ma la quarantena credo che sarà abbastanza lunga quindi come tutti mi trovo anche in fase Cenerentola a pulire e sistemare casa, fatto che comporta anche il tirare fuori parecchi scheletri dagli armadi.

La chiusura dei teatri e lo stop allo spettacolo quale difficoltà sta creando e come potrà riprendersi una volta finita l’emergenza?

Le difficoltà sono enormi. Cominciando dalla parte artistica. Dal veder saltare per aria tutti i progetti preparati, l’incertezza del loro futuro, il lavoro artistico di mesi e mesi ridotto in polvere. Poi la parte economica. Non dobbiamo dimenticare che gli artisti non si nutrono d’aria, che il lavoro artistico è lavoro, che dietro a ogni artista si nasconde una famiglia. L’arte è lavoro e va salvaguardato come ogni altro lavoro. E poi accanto agli artisti lavorano altre figure come gli amministratori e gli organizzatori. Ecco sono tutti in crisi nera. Finita l’emergenza dobbiamo ricostruire e confidiamo nella collaborazione degli enti che ci sostengono. Ci aspettiamo da parte loro meno burocrazia e più flessibilità per far fronte insieme a tutto questo disagio.

Il teatro della limonaia in questo periodo ha scelto di mostrarsi sul web?

Non so come abbiano scelto di comportarsi le altre due compagnie della residenza della Limonaia ma noi abbiamo deciso di non fare niente. Io credo che la caratteristica principale del teatro sia il fatto che avviene dall’vivo e se in un momento questo non può accadere è un bene far sentire la mancanza. L’assenza. Perché si tratta di un’assenza enorme… L’unica cosa che ho fatto è una piccola registrazione per l’amministrazione comunale.

Cosa ti resterà da questa esperienza a livello emotivo?

Molto. Ogni giorno che passa vedo il modificarsi della mia reazione emotiva. Passo dalla totale indifferenza alla totale preoccupazione, alle lacrime. Faccio i conti con me stesso. Non si tratta di una pausa. Si tratta della rivolta di tutto il nostro operato contro di noi. Abbiamo voluto strafare. Ho voluto strafare. Non voglio continuare a fare le cose come prima. Voglio più qualità nella mia vita e nel mio lavoro, meno quantità. Purtroppo questa è la via nella quale ci hanno spinto molti enti che ci sostengono e spero che questo mio pensiero diventi pure il loro. Dobbiamo imparare a dire di no. Il famoso “no” che fa crescere…