SESTO FIORENTINO – In queste ore il Messico sta vivendo ore difficili e drammatiche. Il numero delle vittime del terremoto di 8,2 è salito a 61, riporta l’Ansa: lo ha reso noto il presidente Enrique Pena Nieto, precisando che del totale delle persone decedute, 45 hanno perso la vita a Oaxaca (delle quali 36 nella città di Juchitan), 12 nel Chiapas e 4 a Tabasco per le quali sono stati proclamati tre giorni di lutto nazionale. Gran parte di Città del Messico è rimasta senza luce e le scuole sono chiuse. L’allerta non è ancora cessata. Si è trattato della scossa “più forte e di maggior magnitudo degli ultimi cento anni”, ha precisato il presidente messicano Enrique Pena Nieto.
A Città del Messico vive da tempo Sergio Lipari, fiorentino, anzi sestese. Designer, artista digitale e fotografo (suo il progetto di copertura del passaggio pedonale del nuovo teatro dell’opera a Firenze), 40 anni, si trova in Messico per lavoro. Questa è la sua testimonianza di quanto sta accadendo.
Città del Messico, 8 settembre 2017
La parola “terremoto” è decisamente familiare a Città del Messico. Purtroppo. Parlare di sisma da queste parti significa correre con la memoria (per chi c’era e l’ha vissuto sulla propria pelle) al tragico 19 settembre del 1985 quando una scossa di magnitudo 8.1 della Scala Richter rase al suolo una quantità spaventosa di edifici uccidendo più di 10000 persone.
Ci sono ancora segni evidenti di quella tragedia. Molti edifici pendono letteralmente, inclinati in maniera spaventosa per i cedimenti strutturali, altri semidistrutti se ne stanno lì, in stato di abbandono a distanza di tanti anni, le pareti squarciate, i tetti crollati. Il centro storico è pieno di questi cadaveri in muratura, fate due passi per la città e ve ne renderete conto.
Siamo in terra vulcanica, i movimenti tellurici sono all’ordine del giorno, spesso impercettibili, a volte fortissimi. L’esperienza ha portato i Messicani a dotarsi di strumenti atti a monitorare la situazione e ad avvertire la popolazione in caso di pericolo imminente. E così a Città del Messico dal 2010 esiste un sistema di allarme che conta su circa 8200 altoparlanti disseminati un po’ ovunque, dai quali, in caso di rilevazioni sismiche di una certa entità, si diffonde il suono forte ed inquietante della “alerta sismica” (se siete curiosi potete andare in YouTube e digitare “alerta sismica df” per ascoltarla). Il sistema è studiato per scattare circa 50 secondi prima dell’arrivo dello sciame sismico, questo per permettere alle persone di andare al riparo. Molti hanno una borsa che tengono sempre pronta con beni di prima necessità e vestiti di ricambio, perché ogni sisma può essere potenzialmente devastante e lasciarti senza nulla. Meglio essere previdenti dunque.
Ieri, intorno alle 23:40, l’allarme è scattato. Non dovete immaginare scene di panico, molte volte è capitato che scattasse senza che poi arrivassero le scosse (è successo anche due giorni fa) quindi in realtà non ci si spaventa più di tanto, magari si sbuffa pensando “ci risiamo, vuoi vedere che sarà come l’altra volta, niente scosse?”. Ma le scosse sono arrivate per davvero, forti, fortissime, facevo fatica a mantenere l’equilibrio e allora sì, mi sono reso conto di quanta forza avesse il sisma e mi sono spaventato.
Quando ho sentito l’allerta ho percorso con calma le scale del palazzo in cui abito, sono arrivato in strada ed era pieno di gente. Pochi secondi ed ho visto i semafori iniziare ad oscillare in maniera così innaturale che pareva un film, non qualcosa di reale lì davanti a me. Idem poi i lampioni, oscillazioni ampie, qualcosa di spaventosamente forte li stava scuotendo da sotto terra, poi ha iniziato a sussultare la strada, l’asfalto, le rastrelliere dove si allucchettano le biciclette. Mi sentivo portare in qua e in là, non riuscivo a stare fermo sballottato in ogni direzione. C’è stato un momento in cui ho percepito chiaramente il manto stradale andare in sù e in giù per un tempo abbastanza prolungato, ho avuto quasi la nausea, la stessa fastidiosa sensazione che provo in barca col mare agitato. Mi sono sentito inerme, in balia di qualcosa che non vedevo e che non potevo in alcun modo controllare.
Intorno a me tantissima gente, qualcuno uscito da un locale dove si stava divertendo, qualcuno in pigiama perché era già a letto, qualcuno col grembiule da cuoco perché stava lavorando. Una moltitudine variegata e spaventata. Un video mostra le spaventose oscillazioni della colonna che sostiene l’Angel de la Independencia. Una manciata di interminabili minuti e tutto è passato. Ognuno è tornato a fare quel che stava facendo senza preoccuparsi delle “repliche”.
Ho dormito pochissimo, sono rimasto fuori un bel po’, poi mi sono rifugiato nel Bosforo per mettere in pratica una volta di più la massima “pa todo mal mezcal, pa todo bien también” (ovvero, quando le cose vanno male, bevi mezcal, quando vanno bene, idem). La magnitudo è stata di 8.2, superiore a quella del 1985 dunque, ed ha fatto 58 vittime fra Chiapas, Oaxaca e Tabasco.
Vado a letto sperando di recuperare il sonno e so già che avrò un orecchio teso verso l’altoparlante che dista pochi metri da casa mia.
foto di Sergio Lipari