Un anno dal virus, la presidente degli psicologi della Toscana traccia la strada: “Dobbiamo lavorare per costruire un futuro diverso”

FIRENZE – “Da questa situazione complicata se ne esce se proviamo a costruire un futuro diverso. Solo così, quello che ci siamo lasciati alle spalle, non sarà un anno perso”. Se volessimo sintetizzare in poche parole la nostra chiacchierata con Maria Antonietta Gulino, da gennaio 2020 presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, la sintesi sarebbe […]

FIRENZE – “Da questa situazione complicata se ne esce se proviamo a costruire un futuro diverso. Solo così, quello che ci siamo lasciati alle spalle, non sarà un anno perso”. Se volessimo sintetizzare in poche parole la nostra chiacchierata con Maria Antonietta Gulino, da gennaio 2020 presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, la sintesi sarebbe questa. Con lei, infatti, ci siamo confrontati su quello che è stato il primo anno di pandemia con la speranza, ovviamente, che sia anche l’ultimo. Un’intervista a 360 gradi sui principali aspetti che hanno caratterizzato questi lunghi dodici mesi e che ognuno di noi, anche se per motivi diversi, porterà dentro di sé per tutta la vita.

Partiamo dall’anniversario, se così lo vogliamo definire, con la pandemia: come avete gestito questi dodici mesi e cosa c’è ancora da fare?

“Anniversario è una parola impegnativa. Ma comunque dà un’idea precisa di quello che stiamo vivendo. Come Ordine, ci siamo attivati fin da subito per supportare la cittadinanza; da marzo a maggio dell’anno scorso abbiamo contribuito a sostenere le persone con linee telefoniche apposite perché avevamo previsto sin dall’inizio, come poi è stato riscontrato nei fatti, un malessere generalizzato della popolazione di fronte a qualcosa di mai visto, imprevedibile e straordinario, contrario alla normale routine della vita di ognuno di noi. Circa 800 le telefonate che abbiamo raccolto e non ci siamo fermati, perché il disagio aumentava già dallo scorso autunno con la recrudescenza del virus. Da qui la nostra proposta alle istituzioni territoriali per il progetto di Psicologo di Assistenza Primaria, ovvero lo psicologo che faccia da primo filtro per i bisogni e i disagi psicologici delle persone, lo psicologo che possa lavorare accanto al medico di famiglia e al pediatra di libera scelta, con l’obiettivo di un’integrazione multiprofessionale al servizio della nostra popolazione. Lo scorso febbraio la proposta è stata discussa e poi approvata all’unanimità dal Consiglio della Regione Toscana, insieme al progetto di aumentare gli interventi psicologici anche nei comparti socio-sanitari, come le Usca, anche questa approvata all’unanimità. Dunque più Psicologia a fianco della Medicina Territoriale, più garanzie per i bisogni psicologici in netto aumento e per la Salute globale dei cittadini. E ciò mi permette anche di ricordare il rapporto costante che abbiamo instaurato con le istituzioni, fondamentale per affrontare questo tipo di emergenze: la Psicologia insieme alle Istituzioni per il benessere delle persone. E soprattutto perché ci sarà da affrontare il “post emergenza”, che non ci deve trovare impreparati. Questa considerazione mi consente di agganciarmi all’ultimo pensiero che voglio esprimere ovvero che se non si investe nella Salute, ne risente l’economia ed investire sui bisogni psicologici e sul benessere psico-fisico-sociale è un grande risparmio di spesa a lungo termine ed un guadagno fondamentale per la salute, per il lavoro, per le famiglie, per la comunità”.

Praticamente siamo tornati al punto di partenza, anche se per il momento non c’è stato un altro lockdown vero e proprio: cosa si può ma soprattutto cosa si deve fare per evitare di non cadere nella “trappola” della depressione?

“Fortunatamente non siamo proprio al punto di partenza, seppure siamo nuovamente in zona rossa. Ma è innegabile che abbiamo sulle spalle il peso di un anno assurdo. L’uomo è un “animale sociale” e il fatto che questa socialità, negli ultimi dodici mesi, sia andata perduta, è la prima causa della depressione. Ci tengo anche a dire che è passato un anno e adesso i vaccini ci sono e questo deve renderci un po’ più ottimisti per il futuro. La questione, semmai, è che intorno ai vaccini “si parla molto”, c’è quasi una dispersione confusiva di informazioni; ma quella dei vaccini è la strada necessaria da percorrere per combattere e vincere insieme la battaglia contro il virus. Cosa fare per non cadere nella trappola della depressione? Tutti noi abbiamo delle abitudini che dobbiamo provare a mantenere. Per esempio programmare la propria giornata, darsi delle scadenze in modo che le ore giornaliere abbiamo senso e utilità, parlare e ascoltare chi ci sta vicino. E, quando è possibile, continuare a fare attività fisica, la mente sana sta dentro a un corpo sano e viceversa”.

In questi mesi si è sentito, da più parti, dire di ritagliarci degli spazi importanti per noi stessi, di “coccolarci”, di non perdere comunque determinate abitudini: può essere realmente di aiuto?

“Ritagliarci degli spazi, anche individuali, è fondamentale perché ci permette di pensare a noi stessi: penso per esempio alla “cura” del sonno, perché un buon riposo è decisivo per affrontare al meglio il giorno dopo. Così come sarebbe importante non abusare di cibo e alcol. Dovrebbe essere sempre così, a prescindere dalla pandemia, perché “investire” meglio sul proprio tempo è investire su noi stessi, avere cura di noi. In caso di necessità o di un malessere che aumenta, che compromette la vita quotidiana e influenza negativamente le nostre relazioni, allora probabilmente è arrivato il momento di chiedere aiuto in modo che la situazione non peggiori fino a diventare cronica. Chiedere aiuto è sempre una possibilità da considerare, perché la propria salute psicologica va garantita in prima persona. In questa fase dell’emergenza, i consigli sono anacronistici, ma uno lo vorrei dare: scrivete, scrivete su un quaderno, su un taccuino quello che vorreste fare appena sarà possibile e quando usciremo da questa bolla rileggete le vostre parole, sarà una spinta in più per mettere in pratica gli obiettivi, i propositi, i desideri e qualcuno di quei sogni che al momento non è possibile realizzare. Una sorta di lista di desideri, viaggi, concerti, teatri, riunioni con amici, feste, compleanni, anniversari, abbracci e tutto ciò che è mancato in questo drammatico anno. Il virus non può e non deve compromettere la nostra capacità di sognare e questo è un modo per alimentare la speranza, così fortemente compromessa”.

Capitolo adolescenti: personalmente ritengo che, purtroppo, fare lezioni in Dad corrisponda a un anno perso per gli studenti: è un giudizio temerario?

“No, non è assolutamente un giudizio temerario. Per niente. Quello della Dad è stato un provvedimento necessario, urgente e straordinario durante il lockdown dell’anno scorso. Ma la Dad non può e non deve diventare il “modo” di fare scuola, non possiamo accettarlo. La scuola non è solo un luogo dove si passano informazioni e conoscenze, la scuola è il luogo dove si impara a vivere, a stare con gli altri, a confrontarsi, a stimolare nuove emozioni, tutto questo in presenza. I giovani sono stati i più sacrificati, sono stati “disattivati” quando per definizione sono al massimo del loro potenziale evolutivo, sono plastici, sono in trasformazione e noi li abbiamo spenti, come si fa con un robot con il tasto off… I giovani senza relazioni, senza gruppo dei pari, senza confronto intergenerazionale, non hanno potuto essere giovani! E stanno soffrendo, tanto, veramente tanto, è sotto gli occhi di tutti. Ma non può funzionare così, noi adulti non possiamo pensare a loro come reclusi e continuare a disattivarli. La perdita di punti di riferimento e di stabilità psicologica, già precaria per l’età, non può perdurare. Si facciano politiche scolastiche e giovanili per riattivare le vite dei giovani garantendo la loro sicurezza sanitaria e quella della comunità”

Domanda da un milione di dollari: come se ne esce da questa situazione? Migliori non direi…

“Contrastiamo lo stereotipo, ancora oggi diffuso, che lo psicologo abbia la bacchetta magica e che possa avere una ricetta per risolvere tutti i problemi. Vi assicuro che non è così. Lo psicologo lavora sui processi funzionali e/o disfunzionali della persona in modo da favorire e aumentare gradi di benessere che le consentano di poter uscire da situazioni critiche o blocchi evolutivi. Purtroppo la popolazione uscirà compromessa dal punto di vista psicologico, tanto è vero che si parla anche di pandemia psicologica, contagiosa come il virus. Il futuro, però, ci offre la possibilità di agire in modo diverso dal passato: mettendo la salute globale al centro del dibattito politico, mettendo la psicologia a fianco della medicina, lavorando con impegno ad una reale integrazione multiprofessionale, imparando dagli errori commessi e che hanno portato a tagli economici assurdi nella sanità e nella scuola. Ecco, dobbiamo ripartire da qui: il benessere psico-fisico-sociale è un diritto di tutti che va assolutamente garantito”.