Una mamma ci scrive: “Si è pensato a tutto, non alla scuola. E i nostri figli sono sempre davanti a uno schermo…”

LASTRA A SIGNA – Quella che è iniziata da pochi giorni, non sappiamo se è la fase 2, la fase 2 bis o la fase 3. Quello che sappiamo, come fa capire benissimo nella lettera inviata alla nostra redazione questa mamma, è che probabilmente si è pensato a tutto, si è pensato a tanto ma […]

LASTRA A SIGNA – Quella che è iniziata da pochi giorni, non sappiamo se è la fase 2, la fase 2 bis o la fase 3. Quello che sappiamo, come fa capire benissimo nella lettera inviata alla nostra redazione questa mamma, è che probabilmente si è pensato a tutto, si è pensato a tanto ma non alla scuola. “I nostri figli, scrive fra le altre cose, sono stati i primi a essere bloccati in casa, ma saranno gli ultimi a tornare alla normalità”. E ancora: “Questo silenzio sulla scuola fa male e le sue conseguenze saranno altrettanto gravi di quelle economiche”. Noi vi consigliamo di leggerla, sicuramente servirà come spunto di riflessione. La lettera è regolarmente firmata ma la mamma ci ha chiesto di restare anonima.

E’ iniziata da meno di una settimana la tanto attesa “fase 3”, con tante libertà in più. Per tanti, ma non per tutti. Sicuramente non per i bambini e le loro famiglie. I nostri figli sono ancora davanti a uno schermo, con le loro brave cuffiette sugli orecchi. Sono stati i primi a essere bloccati in casa, ma saranno gli ultimi a tornare alla normalità, non si sa ancora quando, né se sarà davvero possibile. Mia figlia ha nove anni e frequenta la scuola primaria. All’inizio ha partecipato con passione alla didattica a distanza, anche perché aveva la curiosità di imparare questa nuova tecnologia. Passata la novità, è arrivata la noia. E soprattutto è arrivata la solitudine. E non c’è niente di peggio per un genitore, del vedere la delusione negli occhi del proprio figlio. Si sentono abbandonati, prima di tutto dagli amici.

Chi di noi adulti non ricorda quanto sono importanti gli amici a quell’età? Sono tutto il nostro mondo. Cosa avreste fatto voi, a nove anni, strappati di colpo dai vostri amici, senza poterli vedere né a scuola né fuori? Senza poter raccontare i vostri segreti all’amica del cuore, senza poter ascoltare le ultime marachelle dei più arditi, senza poter ridere per una cosa buffa che un compagno ha detto alla maestra? Questo la didattica a distanza non lo può sostituire: sono solo nozioni messe in testa più o meno bene a dei bambini. Manca però tutto il resto. Tutto quello che fa davvero scuola: il rapporto umano, lo scambio, le delusioni, le litigate, la nota sul registro, il chiarimento davanti alla classe per un comportamento, la paura dell’autorità rappresentata dalla maestra, l’affetto, le lacrime, le risate a crepapelle per una barzelletta detta in corridoio. Tutto questo, tutta la scuola di vita, l’imparare a stare al mondo, è stato sostituito da uno schermo freddo e piatto, impersonale, dove non ci si vede nemmeno bene perché la connessione va e viene, dove non c’è atmosfera. Da quattro anni, quando mia figlia esce da scuola e la abbraccio, le sento addosso un odore, inconfondibile, quello della scuola, quello della sua vita autonoma, lontana da noi. Quanto mi manca quell’odore, quanto mi manca vederla crescere nel suo ambiente.

All’inizio abbiamo accettato tutti questa situazione, bambini e genitori. E devo dire che la scuola è stata anche abbastanza veloce a reinventarsi, chi più chi meno. Lo abbiamo accettato e abbiamo aiutato i nostri figli in questa nuova sfida. Ma il tutto era giustificato dall’emergenza, dal non sapere dove saremmo andati a finire. E i bambini stessi lo capivano, perché tutto era fermo. Erano chiuse le scuole, ma anche i negozi, le fabbriche, i cantieri, i ristoranti, i bar. Ma poi tutto è ripreso, i genitori sono tornati a lavorare, i negozi hanno riaperto, si può perfino tornare a mangiare la pizza. E allora? Come glielo spieghiamo che loro no, che loro non possono? Che qualcuno ce lo spieghi a noi. Che qualcuno ci dica perché tra un paio di settimane si può tornare in piscina e in palestra ma a scuola no. Che qualcuno ci spieghi perché gli anziani, che sono i soggetti più a rischio, possono tornare a messa e i bambini, che non si ammalano o comunque si ammalano in forma lieve, non possono tornare in aula.

Questo silenzio sulla scuola fa male e le sue conseguenze saranno altrettanto gravi di quelle economiche. Quanto tempo ci vorrà per farli di nuovo sentire parte della società? Da quando mia figlia era piccola e, finito il congedo di maternità, sono tornata a lavorare, le ho sempre detto che mamma e babbo andavano a lavorare, perché ognuno fa la sua parte nella società, perché del lavoro di ognuno c’è bisogno. Un paio di giorni fa però è lei ad avermi dato una lezione, quando mi ha detto: mamma, ma se io non vado a scuola il mio pezzettino non lo faccio. È in quel momento che ho sentito di dover fare qualcosa e ho scritto questa lettera. Per quel poco che possa spostare.

Lettera firmata