“Uno sguardo che cambia la vita”: ancora pochi giorni per ammirare il presepe di Lecore

SIGNA – Se ci vogliamo fidare di uno sguardo e capire se può cambiarci la vita, una delle cose da fare è andare a visitare, anzi ad ammirare da vicino, il presepe di Lecore. Sono tredici anni, infatti, che durante il periodo natalizio e per tutto il mese di gennaio, la chiesa di San Pietro […]

SIGNA – Se ci vogliamo fidare di uno sguardo e capire se può cambiarci la vita, una delle cose da fare è andare a visitare, anzi ad ammirare da vicino, il presepe di Lecore. Sono tredici anni, infatti, che durante il periodo natalizio e per tutto il mese di gennaio, la chiesa di San Pietro a Lecore accoglie la creazione di un gruppo di volontari, guidati da Sauro Mari, che nei due mesi precedenti dedica tutto il proprio tempo libero alla realizzazione di quella che è una vera e propria opera d’arte. E che come sempre trae spunto dal pellegrinaggio a Lourdes dell’Unitalsi Toscana nel mese di settembre e dal quale Sauro è partito anche quest’anno. Lo ha spiegato anche ieri al gruppo di Signa dell’Unitalsi e a parte della sottosezione Firenze nord (rappresentata in questo caso da Scandicci, Sesto Fiorentino e Campi), come sempre numeroso a un appuntamento che si ripete di anno in anno. Un bel momento di condivisione, con volontari e disabili, come è nello spirito dell’associazione. E con le parole di Sauro  a fare da “collante” alle emozioni. Prima nel ricordo del pellegrinaggio e subito dopo volgendo lo sguardo al presepe. “Signore, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc 5:5), nasce da qui il presepe, dai fallimenti di Pietro, che sono anche i nostri fallimenti, dalle varie sconfitte, dalle occasioni perdute. Da un colloquio che Sauro ha avuto a Lourdes insieme a un signore di Siena, lungo il Gave, di fronte alla Grotta, che gli ha raccontato, dopo la scoperta della malattia rara che lo ha colpito, come si sia generato il vuoto intorno a lui. Un dialogo fatto anche di sguardi, di due persone, che inizialmente non si conoscevano, ma che si sono fidate l’una dell’altra. “Come duemila anni fa – racconta Sauro – quando Gesù salì sulla barca di Pietro al lago di Tiberiade”. E lo invitò a gettare di nuovo le reti che poi portarono a una pesca miracolosa. “Dobbiamo essere pronti, ognuno di noi, – continua – a calare di nuovo le reti in mare e a fidarci di chi ci sta intorno. Come quel vecchio pescatore che, alla Foce del Serchio, ci ha messo a messo a disposizione le sue reti per fare il presepe; o come il mare di Marina di Vecchiano che ci ha donato “legnetti” e conchiglie in abbondanza. Ma anche come chi ci ha portato le conchiglie che aveva nella propria casa”. Il presepe, infatti, come di consueto è fatto con materiale di riciclo. Mentre sullo sfondo è stata “ancorata” una vecchia barca usata oltre 160 anni fa nel Padule di Bientina. Un invito, neanche tanto recondito, a tornare tutti pescatori. “La fiducia come tema di fondo: – conclude – anche San Pietro ha dubitato di Gesù, anche il pescatore del Padule di Bientina che, dopo la riforma di 160 anni fa, perse il suo unico lavoro, ma ebbe fiducia in quel bambino e oggi, a testimonianza di quel rapporto di fede, il nipote ci ha portato la barca di suo nonno che riuscì ad andare avanti e far nascere le generazioni successive che oggi ce lo testimoniano”. A proposito, per tornare a essere tutti pescatori c’è tempo fino a domenica 27 gennaio, ancora pochi giorni insomma, un’occasione da non perdere. Per ulteriori informazioni consultare la pagina Facebook o il sito Internet www.presepedilecore.it