Viaggio della Memoria. Auschwitz, Birkenau e il cancello “Arbeit macht frei”

SESTO FIORENTINO – Prosegue il viaggio nei luoghi della Memoria da parte degli studenti del Calamandrei. Seguiamo con loro, attraverso il loro racconto quotidiano quello che hanno visto oggi ad Auschwitz. Ecco di seguito il loro diario. “Cześć (ciao), oggi sveglia presto, ci aspettava una visita ad Auschwitz 1. Appena arrivati, dopo i vari controlli […]

SESTO FIORENTINO – Prosegue il viaggio nei luoghi della Memoria da parte degli studenti del Calamandrei. Seguiamo con loro, attraverso il loro racconto quotidiano quello che hanno visto oggi ad Auschwitz. Ecco di seguito il loro diario.

“Cześć (ciao),
oggi sveglia presto, ci aspettava una visita ad Auschwitz 1.
Appena arrivati, dopo i vari controlli di sicurezza, siamo entrati nel campo e abbiamo attraversato lo storico cancello di cui tutti parlano con la scritta “Arbeit macht frei”.

A primo impatto il campo di Birkenau, visitato ieri, ha scaturito in noi sensazioni molto più forti rispetto al campo di Auschwitz per via della sua vastità, per le baracche di legno e per la ferrovia che attraversava la porta del campo stesso; ma l’interno di Auschwitz è stato commovente e ricco di emozioni e di pensieri forti, abbiamo visto ben 2 tonnellate di capelli di donne e bambini tagliati, le scatole di Zyklon B (polvere che diventava gas letale a contatto con l’aria calda), scarpe, scarpe di bambini e qualche vestitino, pentole, protesi, occhiali, pettini e cera per le scarpe.

In questo campo abbiamo anche visto una villetta con giardino proprio accanto alle baracche dei deportati nella quale viveva il primo comandante del campo, Rudolf Höss, con la sua famiglia (da questa situazione è stato preso lo spunto per il film ‘il bambino con il pigiama a righe’). Abbiamo poi scoperto che quest’uomo poco prima di essere impiccato per i suoi reati nel campo, ha scritto un testamento per il figlio maggiore dove ha anche dichiarato: “Il mio più grande rimpianto è stato aver ciecamente effettuato gli ordini che mi sono stati dati”.

Nella vicinanza della villetta era situata la camera a gas e accanto i forni crematori: la scena cruda di quei graffi sulla porta e sui muri ha creato in noi una forte angoscia che è restata con noi fino alla fine del giro ma che molto probabilmente resterà in noi per sempre.

Per concludere il giro del campo c’è stata un’ulteriore cerimonia dove è stata lasciata una ghirlanda al muro della morte e abbiamo fatto una camminata in onore di tutti i morti fino ai cancelli di entrata.
Nel padiglione ebraico abbiamo visto “il grande libro dei nomi”, un libro di tantissime pagine dove stanno scrivendo tutti i nomi degli ebrei morti nei campi di concentramento: nonostante ci siano più di 4 milioni di nomi, ancora la ricerca non è terminata.
Nel pomeriggio abbiamo assistito alla toccante testimonianza di più sopravvissuti, o di loro parenti. Questi testimoni erano ebrei di varie nazionalità, omosessuali, prigionieri politici, partigiani. I loro racconti ci hanno colpito molto, soprattutto conoscere la storia di bambini deportati in tenera età, come le sorelle Bucci, è stata una cosa davvero drammatica. Ciò che ci hanno insegnato queste testimonianze è che non dobbiamo mai smettere di perseguire un futuro migliore”.

I ragazzi del Calamandrei

3- Continua