Biagioli racconta 10 anni da sindaco. L’intervista

CALENZANO – A Calenzano sono molti coloro che lo chiamano per nome “Alessio”, il bilancio, dal punto di vista personale, di questi dieci anni da primo cittadino, dice “è molto positivo”. Per tanti è considerato “il sindaco della porta accanto” quello che si ferma a parlare per strada con le persone, che discute, che difficilmente […]

CALENZANO – A Calenzano sono molti coloro che lo chiamano per nome “Alessio”, il bilancio, dal punto di vista personale, di questi dieci anni da primo cittadino, dice “è molto positivo”. Per tanti è considerato “il sindaco della porta accanto” quello che si ferma a parlare per strada con le persone, che discute, che difficilmente si arrabbia, che, in questi anni, dice “mi sarebbe piaciuto fare ancora di più”. Alessio Biagioli acconsente con la disponibilità di sempre, a rispondere ad una intervista più personale che istituzionale. Lui che nelle ultime elezioni del 2014 è stato riconfermato sfiorando il 78%, non si tira indietro neppure quando qualche domanda esula da quelle che si dovrebbero fare ai sindaci. Ma la scelta è stata proprio questa: incontrare il primo cittadino, ma anche la persona.

Il bilancio di questi 10 anni da sindaco, dal punto di vista personale è dunque positivo?

“Molto positivo. Ho avuto la possibilità di imparare molto, di fare un’esperienza unica e per chi ama la politica, fare il sindaco credo sia la cosa più appagante. Ti permette di conoscere una società nel profondo. Ti rendi conto che, da solo, vivi delle dimensioni molto parziali, quando sei in un ruolo di responsabilità di questo tipo, invece, vedi dei mondi che non immagini neppure esistano. Hai la visione di una società complessa che ti libera da una serie di vincoli e pregiudizi e ti impone di fare sintesi”.

Cosa le sarebbe piaciuto fare?

Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa in più. Sono molto esigente verso me stesso e quando si arriva in fondo ad una esperienza mi rendo conto di aver lasciato qualcosa per la strada.

Cosa è rimasto per la strada?

Progetti che non sono andati avanti, soluzioni che non siamo riusciti a trovare per cui, lì sul momento, c’è l’idea dell’incompiuto, però messo in un bilancio complessivo ti rendi conto che quello che è stato fatto è superiore a quello da fare. Il programma era l’impegno che c’eravamo proposti alle persone ed è realizzato in tutta la parte di competenza del Comune. Restano alcune situazioni che non sono state portate in fondo come la questione degli elettrodotti, per questioni legate a Terna non al Comune. Per quanto riguarda gli interventi del Comune ne sono stati fatti di più di quelli previsti. Il programma di mandato di un sindaco è una guida, ma poi ci sono problemi nuovi, situazioni non preventivate, gli imprevisti come la crisi economica o gli sbarchi a cui devi dare una risposta e poi tutta la gestione dell’immigrazione che è stata un banco di prova per capire come poter gestire la situazione sia dal punto di vista umano che concreto.

Quali sono stati gli interventi rimasti “bloccati” da ostacoli imprevisti?

Il rapporto con Autostrade è stato difficile: in pochi anni sono stati cambiati tre responsabili creando problemi. Era nnecessario dare risposte a livello locale con qualche mese in anticipo e invece siamo arrivati alla fine con tanta fatica. Fatica per lavorare con persone lontane e che hanno altre priorità: è stato impegnativo. Siamo arrivati a portare a casa quello previsto, ma con molto sforzo.

Quali sono stati gli interventi non previsti che sono stati poi messi in cantiere?

La nuova scuola elementare non era prevista a breve termine e che ora lasciamo in eredità da terminare a chi verrà.

Qual è il fiore all’occhiello di questi 10 anni?

Aver dimostrato a livello locale che ci può essere assonanza tra gli ideali e la loro messa in pratica. Non si può solo parlare di cultura bisogna praticarla. I problemi sociali si devono tradurre in servizi e risposte alle persone. Se si parla di ambiente, per quanto ci compete, dobbiamo raggiungere certi risultati. In due parole: se ci fosse un manuale della buona politica di Sinistra mi sento di dire che noi, le buone pratiche ce le abbiamo messe tutte. La coerenza tra gli ideali e loro la messa in pratica.

Biagioli non nasconde che ci sono stati nei dieci anni di amministrazione momenti difficili, ma poi superati. Molti anche i momenti positivi.

Difficile ricordarli tutti. Certamente un momento positivo è stato quello dell’elezione: un risultato ottenuto grazie al lavoro di tutti coloro che avevano partecipato a vario titolo. E poi i momenti più belli sono i matrimoni che ricorderò sempre con piacere ed esperienze meno eclatanti che sono quando si risolve il problema ad una persona che poi ti manda un messaggio o ti viene a dirti ‘ti ringrazio’.  Il lavoro del sindaco è pensare in modo complessivo alla comunità e così facendo si risolve il problema singolare. E in quei momenti senti di aver fatto qualcosa di utile.

In questi anni la politica è cambiata: in modo positivo o negativo?

Diciamo che è cambiata. Gli aspetti negativi sono legati al fatto che volenti o nolenti siamo sempre più soli, manca la consapevolezza che la politica sia una formazione che si acquisisce con il tempo e non si improvvisa. L’improvvisazione è dannosa. Bisogna tornare a svolgere un ruolo che ha regole e meccanismi, luoghi di formazione. L’aspetto positivo è che la realtà ti consegna dei giovani con una consapevolezza politica che non ti aspetteresti. E questa è una speranza per il futuro. Anche se bisognerebbe tornare a luoghi di formazione, contaminazione, luoghi in cui si impara quello che si potrebbe chiamare ‘lo spirito di servizio pubblico’.

A Calenzano un luogo di “formazione” politica sui generis, per qualcuno, è stata la Festa di Legri. Con la chiusura della Festa si è creato un vuoto. Condivide a livello personale questa affermazione?

Era un luogo d’incontro in cui la classe dirigente era passata da quell’esperienza. Dopo è stato un vuoto anche politico, un elemento che ha impoverito la nostra comunità politica.

Cosa rimane dell’esperienza da sindaco? Cosa ha imparato?

Ho imparato che la verità è in divenire che difficilmente si esce da una riunione con le stesse convinzioni con cui si entra. Si impara che una buona amministrazione fatta insieme ai cittadini fa la differenza. Ho imparato che per noi è più importante avere le idee: avere le idee senza le risorse qualcosa si riesce a fare, avere le risorse, ma non sapere cosa fare si rischia di fare cose inutili.