“I diari del tandem”: pedalando in cerca di un “momento Federer”

CAMPI BISENZIO – A volta capita un “Momento Federer”, espressione coniata dallo scrittore David Foster Wallace, quel momento perfetto e assolutamente geniale che, al ripensarci, sembra impossibile aver compiuto un’impresa del genere. Sulla terra rossa nel caso dei tennisti fuoriclasse, come Federer, o nella vita. Stavolta la pedalata in tandem a giro per Campi, Giovanni […]

CAMPI BISENZIO – A volta capita un “Momento Federer”, espressione coniata dallo scrittore David Foster Wallace, quel momento perfetto e assolutamente geniale che, al ripensarci, sembra impossibile aver compiuto un’impresa del genere. Sulla terra rossa nel caso dei tennisti fuoriclasse, come Federer, o nella vita. Stavolta la pedalata in tandem a giro per Campi, Giovanni Grossi l’ha fatta con Claudio Bandelli, scrittore e tennista. 

 

C’è chi decide di venire a stare a Campi per le opportunità che offre il mercato immobiliare, chi per la vicinanza al luogo di lavoro, chi perché ci stanno degli amici o perché ci stavano i nonni, chi perché un posto vale l’altro “basta che mi piaccia la casa dove sto” e poi c’è anche chi sceglie di venire a stare a Campi perché c’è un bel negozio di fumetti sul ponte. O, comunque, anche per quello…

Casa nova, vita nova. Si decide di suggellare l’inizio di una nuova vita andando a stare in una nuova città e se si ha voglia di viverla veramente, e non semplicemente come luogo da attraversare per raggiungere casa, ci sono tanti modi per farlo. Claudio Bandelli ha scelto di vivere Campi cercando per le sue strade le affinità ai propri interessi. E le ha trovate, eccome se ne ha trovate. Di affinità, intendo. Innanzitutto si è posizionato al centro, cioè ha cercato casa in pieno centro storico, tra il teatro ed il negozio di fumetti. Gli piace scrivere, leggere, giocare a tennis e andare a teatro. Claudio fa il volontario per i corsi di scrittura organizzati al Porto delle Storie. Ed è lì che ci siamo dati appuntamento. In in batter di pedale siamo già sul ponte.

È proprio vero che ti sei trasferito a Campi proprio per “il rifugio del fumetto”?

La tua descrizione è molto romantica e nonostante abbia trovato in quel negozio una copia di “Citarsi addosso” di Woody Allen, non mi sono trasferito a Campi solo per questo motivo. Insieme a mia moglie abbiamo scelto questo comune perché ci è sembrato che il senso di comunità e di collettività fosse ancora vivo.

Però, visto che scrivi libri, ti piacerebbe trovare tra gli scaffali di questo negozio una tua opera?

Mi diletto a scrivere brevi racconti ed è uscita da poco la seconda raccolta intitolata “Batterdocchio” (acquistabile su Amazon) che racchiude tra gli altri, alcuni testi selezionati nelle principali riviste letterarie nazionali. Sì, mi piacerebbe trovare tra gli scaffali una copia usata, vissuta e stropicciata del mio “Libro di Grasser”.

Il tempo di una foto con Giuliana e Mario, i custodi dei tesori racchiusi nel rifugio, un selfie tra di noi sotto l’insegna e via verso nuove avventure. Tra le luci artificiali dei lampioni, dei negozi e della gente, ed il buio naturale arriviamo al campo da tennis dietro la chiesa di San Martino, al Mulinaccio. Lì c’è una piccola oasi di verde naturale, di terra battuta rossa, di campi verdi artificiali e di palloni grandi per coprire i campi da tennis invernali. Claudio si mette sotto una luce, su una panchina a leggere il suo libro. Un po’ come se fosse a casa sua in poltrona ed accendesse la abat-jour sul comodino. Il rumore del tocco della palla sulla racchetta scandisce la lettura rigo per rigo. Ci affacciamo in un campo per salutare il suo maestro di tennis Leonardo Cecchi.

David Foster Wallace è stato uno scrittore curioso, imprevedibile, ossessivo, onnivoro, geniale. Nel 2006 scrisse per una rivista sportiva un testo di grande amore per il tennis e per un tennista in particolare: “Roger Federer come esperienza religiosa”. In questo lavoro Wallace individua quelli che lui definisce “Momenti Federer”, ovvero attimi di genio in cui il giocatore si lascia andare a finezze che l’autore ritiene, senza mezzi termini, impossibili.

Claudio i tuoi “Momenti Bandelli” sono più nel campo della scrittura o nel campo da tennis?

Ho iniziato la stagione tennistica con una sconfitta 6-2 6-0, quindi direi assolutamente in quello della scrittura. 

Dopo il tennis saliamo sul tandem e prendiamo subito la rincorsa per riuscire a salire sull’argine del Bisenzio vicino alla passerella che porta a S. Martino.

Claudio si ferma e si concede un “momento Bandelli” leggendo il suo racconto “Quattro in cortile”.

Eravamo seduti in cerchio nel cortile davanti alla casa estiva di Carlo aspettando di andare a dormire. Avremmo avuto fra i tredici e i quattordici anni. A quell’ora ci piaceva star lì con il buio che stilizzava le nostre figure facendo scomparire i nostri difetti. A quell’ora non si notavano i mille punti bianchi che l’acne disegnava sopra la faccia di Luca, il naso grosso di Franco e le occhiaie di Luigi, a quell’ora ci sentivamo belli. Non avevamo niente da fare e nessuno a cui obbedire, eravamo padroni della nostra vita come forse non lo saremo stati mai più. Stavamo ore in cerchio senza dirci una parola, drogati da quell’atmosfera che rendeva più bello l’intero giorno al sol pensiero che l’avremmo vissuta. Una sera quell’atmosfera venne interrotta da Franco che fece un sospiro e disse:

– Io provo invidia.

– Per chi?

– Per Tarzan.

– Tarzan?

– Tarzan?

– Già, Tarzan.

– Anch’io quand’ero piccolo avevo invidia per Tarzan, lui viveva nella giungla e poteva stare a cavallo della pantera, a ridere con gli orsi, poteva stare tranquillo in mezzo a tutti gli animali.

– Non hai capito Carlo. Io non invidio Tarzan perché vive in mezzo agli animali.

– E perché allora?

– Molte volte ho sognato di diventare grande, avere vent’anni, avere già finito la scuola, poter guidare la macchina e cose varie, ma ho anche sognato di avere nuovamente sei anni e fregarmene di tutto e tutti e pensare solo a giocare a pallone.

– Quindi cosa c’entra Tarzan?

– Già, che c’entra Tarzan?

– Quando inizia il film Tarzan è un bambino e alla fine del cartone diventa un adulto, ma se premo le due frecce a sinistra Tarzan torna bambino, se premo quelle a destra cresce veloce e diventa adulto, per lui è facile diventare grande o piccolo, basta qualche secondo.

– Allora Franco non sei invidioso di Tarzan, ma di tutte le videocassette.

– È vero Franco, sei invidioso di tutte le videocassette.

– Avete ragione, pensate che bello sarebbe poter vivere più volte i momenti belli delle nostre vite e passare veloce quelli brutti. Io manderei avanti tutto il giorno per vivere solo di queste serate estive.

– Ho capito come risolvere il tuo problema.

– Come Luigi? Come si può risolvere il problema di Franco?

– Semplice bisogna inventare un videoregistratore per gli uomini.

– Figo, un grande videoregistratore dove si infilano persone e si riavvolgono.

– Che ne pensi Franco?

– Chi vi dice che non esista già, magari bisogna solo trovarlo.

I ragazzi si guardarono e fecero una grossa risata. Luca con gli occhi lucidi per il troppo ridere disse:

– Il primo che lo trova avverte tutti gli altri.

Alla fine di questa frase la mamma di Carlo ci chiamò per rientrare in casa e prepararci per dormire.

Non parlammo mai più di quello strano discorso, ma rimase custodito dentro tutti i nostri cuori come un pensiero prezioso.

Bello! Ti piace leggerti. Vai che sei un bel vanitoso. O no?

Chiaramente nego di esserlo anche se il solo fatto di scrivere e di conseguenza di voler essere letto ne è una prova inconfutabile.

Più che altro adesso c’abbiamo da soddisfare la vanità insaziabile dei nostri corpi. Attraversiamo la passerella pedonale di ferro e corriamo dritti verso il forno Di Mari, ma è chiuso. Orrore, brivido, raccapriccio o meglio dolore, rassegnazione, impulso al suicidio. Vabbè, consoliamoci con la panna montata del Fantino. Una bella consolazione. Le ultime pedalate ci portano dritti verso casa.

Giovanni Grossi