Il ballottaggio, i renziani e il futuro del Pd nella Piana

SESTO FIORENTINO – Che il ballottaggio potesse incoronare Bersani candidato del centrosinistra alle elezioni del 2013 era una cosa ormai quasi certa anche se Matteo Renzi aveva invitato tutti a rifletterci per una settimana intera. Tutto sommato la storia è andata come doveva andare e il discorso di Matteo Renzi, con i lquale ha ammesso […]

SESTO FIORENTINO – Che il ballottaggio potesse incoronare Bersani candidato del centrosinistra alle elezioni del 2013 era una cosa ormai quasi certa anche se Matteo Renzi aveva invitato tutti a rifletterci per una settimana intera. Tutto sommato la storia è andata come doveva andare e il discorso di Matteo Renzi, con i lquale ha ammesso la sconfitta, gli rende onore tanto più che è servito per riconfermare ciò che è andato dicendo (sempre) per mesi. Adesso (tanto per usare il suo slogan elettorale) spetta a lui dar verifica della prova con i fatti.

Nella Piana, comunque, Matteo Renzi ha collezionato (nei quattro comuni) il 54,9% dei 18.143 elettori che il 2 dicembre si sono recati ai seggi: un risultato di tutto rispetto che va contro le posizioni assunte dai sindaci e dai segretari del Pd o, nell’ultima settimana, anche dai sostenitori dei tre candidati fatti fuori al primo turno.

Calenzano, pur al minimo, registra comunque l’affermazione di Renzi (50,78%), Sesto ha riconfermato il sindaco di Firenze (52,54%), Signa ha celebrato l’ex boy-scout (57,74%) e Campi Bisenzio ha portato in trionfo il re dei men che quarantenni con il 61,06%. Al di là di qualsiasi alchimia di chi sta tentando di spiegare che Renzi ha perso anche nella Piana (tentativo francamente più comico che praticabile) si deve però registrare la reazione dei “renziani” poco propensi a mollare la presa. Noi lo avevamo pronosticato il giorno dopo il primo turno: sarà difficile che, quanti hanno vinto così facilmente le primarie, possano sottostare alla direzione di un Pd nelle mani di coloro che l’elettorato del centrosinistra ha sconfessato. Il clima che si respira in queste ore lo avevamo presagito il 26 novembre: il Pd rischia di essere alla vigilia di una resa dei conti con caratteristiche simili a quelle di quando Brenno, gettando la spada sulla bilancia, decretò “Vae victis!”, guai ai vinti.

L’unica alternativa è che il partito avvii una fase congressuale che sarebbe davvero difficilmente conciliabile con il clima elettorale: alle elezioni mancano poco più di tre mesi. Fate voi.

D. C.