L’Arcidiocesi di Firenze e il 1 maggio: una celebrazione e un incontro per il mondo del lavoro. E una lettera di don Momigli

FIRENZE – Una Santa Messa in occasione della festa di San Giuseppe lavoratore: è quella che sarà celebrata domani, sabato 1 maggio, alle 11 nella chiesa di Santa Maria a Scandicci su indicazione dell’Ufficio problemi sociali e lavoro della Diocesi di Firenze e che sarà presieduta dall’Arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori. Oggi, invece, venerdì […]

FIRENZE – Una Santa Messa in occasione della festa di San Giuseppe lavoratore: è quella che sarà celebrata domani, sabato 1 maggio, alle 11 nella chiesa di Santa Maria a Scandicci su indicazione dell’Ufficio problemi sociali e lavoro della Diocesi di Firenze e che sarà presieduta dall’Arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori. Oggi, invece, venerdì 30 aprile, alle 17, è in programma l’incontro on line sul tema “Una visione per il dopo pandemia” realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Firenze. Dopo il saluto dell’Arcivescovo sono previsti gli interventi di Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di Commercio di Firenze (“Guardare a uno sviluppo sostenibile”), Niccolò Manetti, vice-presidente della Camera di Commercio di Firenze (“Artigianato di qualità motore della ripresa”) e Giuseppe Salvini, segretario generale della Camera di Commercio di Firenze (“I nuovi profili professionali richiesti dal mercato”). Conclude l’incontro don Giovanni Momigli, direttore Ufficio problemi sociali e lavoro della Diocesi di Firenze. Sia la messa che l’incontro potranno essere seguite sul canale YouTube di Toscana Oggi.

Qui di seguito, invece, la lettera che don Giovanni Momigli ha scritto in occasione del 1 maggio e inviato anche alla nostra redazione:

Nella festa di San Giuseppe lavoratore, la Chiesa affida sempre alla sua intercessione l’intero mondo del lavoro. In questo 1 maggio 2021 la preghiera si fa più intensa, perché siamo nell’anno che papa Francesco ha dedicato a San Giuseppe, a 150 anni della sua proclamazione a patrono della Chiesa, e perché abbiamo bisogno di essere custoditi e illuminati per riordinare le priorità che debbono ispirarci nell’affrontare le sfide poste dall’attuale momento storico, caratterizzato dalla pandemia e dalle sue pesanti conseguenze, anche mortali, su persone, famiglie, imprese e sull’intero corpo sociale.

La pandemia ha messo a nudo i limiti presenti nel nostro sistema sanitario, economico e sociale, ha contribuito ad aggravare le diseguaglianze esistenti e ha creato ulteriore disoccupazione e nuove povertà. E ha pure influito pesantemente sul piano culturale, psicologico e spirituale.
Per contrastare gli effetti negativi della pandemia e fare scelte che incidano anche nel lungo periodo, è indispensabile risvegliare le coscienze, cambiare paradigmi, operare un cambiamento di mentalità e di rotta, rivedere profondamente il modello di sviluppo e ridefinire il progresso, far crescere il senso di fiducia e di legalità e procedere ad un’effettiva semplificazione burocratica, capace di portare nell’alveo della legalità quei lavori e quelle attività che, anche a livello locale, oggi non lo sono.

Occorre valorizzare le comunità e le potenzialità del territorio, puntando sulla rigenerazione urbana, la green economy e l’economia circolare e assumendo l’interazione come orientamento e come modalità operativa, anche per ripensare in modo sinergico le relazioni fra amministrazioni locali, i rapporti fra i vari soggetti e il ruolo di alcuni settori e comparti. È necessario assumere una visione condivisa per attrezzarsi a sostenere una ripresa che difficilmente potrà essere uniforme e che necessita di grandi capacità personali e strutturali di adattamento e di un investimento forte in formazione e innovazione. Come è necessario attrezzarsi per sostenere quelle realtà che con maggiore difficoltà sono in grado di affrontare le nuove sfide e recuperare lo spazio e il ruolo che avevano prima del Covid.

Tutti siamo chiamati a metterci in gioco, per essere protagonisti del proprio futuro e di quello collettivo. Sono le differenze a fare la differenza, anche per arrivare a una visione condivisa e concorrere allo sviluppo dell’intero territorio e, dato che tutto è connesso, poter pure influire sul tipo di sviluppo sociale ed economico internazionale.

La via maestra è quella di fare sintesi rimettendo al centro la persona, con le sue esigenze relazionali e creative, e di ridare centralità al lavoro, rompendo con le dinamiche legate alla rendita, che impoveriscono economicamente e umanamente. Come Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Firenze sosteniamo il dialogo e la creazione di un nuovo patto di collaborazione fra i vari soggetti in campo, la valorizzazione di tutte le potenzialità del territorio e l’attivazione delle risorse umane, civili, morali, spirituali, intellettuali ed economiche necessarie per costruire insieme lavoro dignitoso, sviluppo, valore sociale, prossimità, solidarietà.

Don Giovanni Momigli