Le ventuno generazioni della famiglia Bini raccontate in un libro. Due cugini, le loro ricerche e un albero genealogico lungo quasi 700 anni

CAMPI BISENZIO – Due cugini, una sera a cena a parlare del più e del meno. E quella che è nata davanti a una tavola apparecchiata, un’idea apparentemente “folle”, si è trasformata invece in una lunga e appassionante ricerca storica. Una ricerca lunga ben ventuno generazioni e che ha permesso di mettere nero su bianco […]

CAMPI BISENZIO – Due cugini, una sera a cena a parlare del più e del meno. E quella che è nata davanti a una tavola apparecchiata, un’idea apparentemente “folle”, si è trasformata invece in una lunga e appassionante ricerca storica. Una ricerca lunga ben ventuno generazioni e che ha permesso di mettere nero su bianco 670 anni di storia della famiglia Bini. Impossibile andare oltre, altrimenti non ci avrebbero pensato due volte. Fatto sta che Gianni Bini e Raffaello Bini, rispettivamente 71 anni e 61 anni, hanno ricostruito l’albero genealogico, dei Bini appunto, dal 1300 al 2020 e lo hanno racchiuso tutto in un libro di oltre 300 pagine, “Bini, sette secoli di storia di una famiglia del contado fiorentino”. Non poteva essere diversamente. Al suo interno documenti, fotografie, curiosità, il frutto di una ricerca che è andata avanti per quasi quattro anni fra parrocchie, archivi, diocesi, certificati di battesimo, atti notarili e chi più ne ha più ne ha metta.

Si sono “inventati” rispettivamente scrittore (Raffaello) e grafico (Gianni) e hanno prodotto un volume, autostampato, che sarà presentato venerdì 11 novembre alle 16.45 all’Hotel 500 a Campi Bisenzio, con introduzioni illustri come quelle del presidente della Regione, Eugenio Giani, del sindaco di Prato, Matteo Biffoni, e del vescovo di Prato, Giovanni Nerbini. Le ventuno generazioni della famiglia Bini, tutte certificate con immagini e documenti, si dipanano infatti tra le province di Firenze, Prato e Pistoia in una ricerca che ha preso spunto da quella che era l’azienda di famiglia, il cappellificio dei fratelli Bini, che dall’inizio dal 1800 agli anni Sessanta del secolo scorso è stato un punto di riferimento nel Comune di Campi, arrivando ad avere anche oltre 250 lavoranti. Una ricerca nata quasi per caso ma che, andando a ritroso nel tempo, ha permesso di risalire fino al 1350 e a un estimo delle tasse della Repubblica Fiorentina riferito a un certo Cambinus, l’antenato più antico a cui sono riusciti a risalire.

L’origine della famiglia Bini (la foto qui sotto risale al 1901), registrata nella chiesa di San Romolo, sulle colline di Lastra a Signa, in base alle ricerche effettuate dai due cugini da parte di padre, si sviluppa riproponendo spesso i nomi Cambio e Cambino. Da qui le successive “trasformazioni” in Cambini, Binis fino agli attuali Bini: per la cronaca sono state circa 2.500 le famiglie “censite” per oltre 7.500 persone che hanno portato la ricerca fino ai giorni nostri. Una ricerca in cui sono parte fondante Bonaventura (il bisnonno dei due ricercatori) e Giulio Bini, coloro che alla fine del 1800 fondarono la ditta “Fratelli Bini”. La certificazione, se vogliamo, di come una famiglia di contadini mezzadri, con spirito di sacrificio, passione e tanta buona volontà, sia riuscita, anno dopo anno, a ritagliarsi comunque un ruolo di primo piano nel tessuto sociale e imprenditoriale del nostro territorio. Lo dimostrano i tanti documenti raccolti – e fotografati – che hanno visto come prima tappa di questo affascinante viaggio l’archivio della parrocchia di San Cresci e poi, via via, quello della Pieve di Santo Stefano, delle Diocesi di Firenze e Prato, e l’Archivio di Stato, solo per citarne alcuni.

E così Gianni, che ha lavorato nella progettazione di veicoli ferroviari alla Breda, e Raffaello, che invece è un programmatore informatico, hanno realizzato un vero e proprio “lavorone”: un lavoro che ha richiesto, in alcuni casi, la traduzione dal latino dei documenti raccolti, affidandosi in questo caso a un esperto del settore, ma che ha permesso di (ri)scoprire antenati che hanno preso parte ai due conflitti mondiali oppure, andando più indietro nel tempo, sono stati protagonisti della “breccia” di Porta Pia. Ma anche documenti che testimoniavano l’acquisto di due buoi di colore diverso o quelle che erano le doti per le figlie femmine dell’epoca. Tutto questo, come già detto in precedenza, nel triangolo compreso fra tre delle principali province della nostra regione ma in tante frazioni e parrocchie dei tanti comuni che ne fanno parte.

“In due testamenti – si legge nel libro – del 1561 e del 1591 ci sono fra l’altro donazioni a favore dell’Opera di Santa Maria del Fiore a Firenze e dell’Opera della Cappella del Cingolo a Prato. In totale abbiamo trovato i nomi, le date di nascita, matrimonio e morte e/o le tasse di 7.912 persone che hanno fatto parte di 2.466 famiglie e ricostruito i loro rapporti di parentela”. Tante storie nella storia e un libro a raccontarle tutte.

Nelle due fotografie, uno “scatto” di famiglia risalente al 1885 e un biglietto da visita della ditta