“Noi, al fianco di Falcone e Caponnetto”: il racconto degli ex “ragazzi” delle scorte

SESTO FIORENTINO – Uno vive a Sesto, gli altri due a Signa e a Firenze. Due di loro sono in pensione, uno è sempre in Polizia. Ma oltre ad avere un presente che li accomuna, soprattutto se si parla di Amicizia, quella con la “A” maiuscola, c’è un passato che rende così forte la loro […]

SESTO FIORENTINO – Uno vive a Sesto, gli altri due a Signa e a Firenze. Due di loro sono in pensione, uno è sempre in Polizia. Ma oltre ad avere un presente che li accomuna, soprattutto se si parla di Amicizia, quella con la “A” maiuscola, c’è un passato che rende così forte la loro unione. Si vede dai gesti, si vede dagli sguardi, si vede dal racconto di momenti, spesso condivisi, che li hanno visti protagonisti della storia del nostro Paese. Stiamo parlando di Angelo Corbo, Salvo Punzo e Giampiero Gregori: il primo è uno dei superstiti della strage di Capaci del 23 maggio 1992 (gli altri sono Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza), in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro). Gregori e Punzo sono stati rispettivamente il capo scorta e uno degli “angeli custodi” del giudice Antonino Caponnetto dal 1992, “anno in cui gli fu riassegnata la scorta, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, proprio perché più pentiti lo avevano indicato come condannato a morte dalla mafia e prossimo obiettivo dopo Paolo Borsellino”, fino al suo ultimo periodo fiorentino, lungo dieci anni.

Corbo ha scritto un libro (“Strage di capaci – Paradossi, omissioni e altre dimenticanze”) e attualmente gira per le scuole – ma non solo – per portare la sua testimonianza come ulteriore contributo alla lotta alla mafia. Gregori e Punzo magari lo faranno in futuro, non lo sappiamo, tutti e tre insieme sono venuti a trovarci in redazione e ci hanno raccontato, direttamente con la loro voce, aneddoti, emozioni, sensazioni di due esperienze intrecciate fra di loro e che rappresentano altrettante pagine incancellabili della nostra storia.

Facendo anche distinzioni importanti fra i due personaggi, uno più rude (il giudice Falcone), l’altro che invece aveva instaurato un rapporto familiare con gli agenti della scorta (il giudice Caponnetto). Ma soprattutto facendo rivivere, anche a distanza di tanti anni, momenti che chi scrive aveva letto sulle pagine dei giornali o visto nei servizi televisivi.

“Con Falcone – ha detto Corbo – il lavoro era molto difficile. Non era un “amico” della scorta, noi eravamo professionisti ma c’era un certo distacco: pretendeva da noi la professionalità che anche lui aveva sul lavoro e quando sento del rapporto familiare che il giudice Caponnetto aveva con la sua scorta, provo ancora molta invidia”. Un’amicizia “ratificata” anche dal modo in cui Gregori e Punzo ricordano con affetto il magistrato nato a Caltanissetta ma fiorentino di adozione: “Nonno Nino ha voluto dire tanto per noi e quando è morto abbiamo perso una guida saggia e affettuosa; la sua scomparsa ha provocato e provoca tuttora un profondo senso di solitudine”.

Non a caso, Salvo Punzo e Anna Furno qualche anno fa hanno dato vita a “Lascerò che una nuvola vi accompagni”, spettacolo dedicato alla vita del giudice Caponnetto, nato per volontà di “nonna Betta”, la moglie (nello staff c’è anche Gregori). Come è stato possibile parlare della vita di un giudice così riservato, utilizzando anche canzoni edite di cantautori blasonati, ce lo spiega lo stesso Punzo: “Abbiamo scritto un romanzo inedito all’interno del quale è stata incastonata la vera vita di Caponnetto, parlandone come giudice e come uomo tramite anche alcuni brani musicali”.

Corbo, invece, si è soffermato su altri aspetti della vicenda, tuttora poco chiari: “Sarebbe stato facile colpire Falcone a Roma, quando era scortato solo da due agenti e girava tranquillo per la città. Ma la mafia lo ha voluto colpire in modo eclatante, proprio perchè il maxi processo del giudice Caponnetto e del Pool è stato molto importante e ha inflitto un duro colpo a Cosa Nostra. Sotto l’autostrada è stato portato il tritolo, sono state compiute sicuramente alcune prove e qualcuno ha visto”.

Per non parlare delle paure e dei traumi, che restano anche a distanza di anni ma che probabilmente rafforzano il racconto. Di anni, dalla strage di Capaci, ne sono passati venticinque, quindici dalla morte di Caponnetto. Ma quella che traspare e che fanno trasparire dalla loro voce è sempre una grande emozione, un’emozione che non ha tempo. Emozione che traspare anche dalle immagini pubblicate qui sotto del giudice Caponnetto, insieme a Gregori e Punzo, finora inedite. L’ultima, invece, è di Angelo Corbo durante uno dei numerosi incontri nelle scuole.