Nuova Cesat, dopo 24 anni il “funerale” della cooperativa

SESTO FIORENTINO / CAMPI BISENZIO – Non è stata scelta a caso la data dell’11 dicembre per quello che in pratica è il “funerale” della cooperativa Nuova Cesat, “celebrato” presso l’hotel Albani a Firenze. Esattamente ventiquattro anni fa, infatti, il 12 dicembre 1986, un gruppo di lavoratori dette vita a un progetto che, oltre a […]

SESTO FIORENTINO / CAMPI BISENZIO – Non è stata scelta a caso la data dell’11 dicembre per quello che in pratica è il “funerale” della cooperativa Nuova Cesat, “celebrato” presso l’hotel Albani a Firenze. Esattamente ventiquattro anni fa, infatti, il 12 dicembre 1986, un gruppo di lavoratori dette vita a un progetto che, oltre a permettere loro di conservare il proprio posto di lavoro, si mise al servizio della piccola editoria. All’inizio nella tipografia c’era un’unica rotativa ma in questi quasi cinque lustri, quella che era solo una scommessa si è trasformata in una realtà con un fatturato di 6 milioni di euro. Oggi, invece, come sottolineato dal presidente della cooperativa, Fabrizio Toti, e dal direttore Renato Pacca, “la chiusura dell’esperienza cooperativa della tipografia, con la dichiarazione di fallimento, è un grave allarme per l’occupazione del settore ma anche dell’informazione in generale e dell’editoria, due settori già in forte crisi”. “Richiesta di fallimento – si legge in una nota – arrivata presso il tribunale di Firenze da Unipol Banca, erroneamente ritenuta una banca legata al movimento cooperativo visto che originariamente si chiamava Banec, acronimo appunto di Banca nazionale dell’economia cooperativa”. Con il risultato che, nonostante gli attuali venti soci abbiano provato tutte le strade possibili per tentare di salvare la cooperativa, il 29 ottobre è stato dichiarato il fallimento e l’esercizio provvisorio fino al 31 gennaio: “Alcuni imprenditori della nostra regione – ha spiegato Pacca – si sono fatti avanti per rilevare l’azienda in modo che il punto stampa possa restare in vita anche in futuro con la speranza che una decina di persone possano essere risassunte. Ma i tempi non sono ancora maturi per entrare nel merito della questione. L’importante era scongiurare la chiusura immediata dell’azienda e ci siamo riusciti”. Tutto ciò ha un inizio e una fine: nei primi anni 2000 il grande salto in avanti con il full color e la stampa su carta patinata e la necessità di ulteriori investimenti: “Era il momento dei contributi pubblici all’editoria – ha spiegato Toti – che, sicuramente, hanno drogato il mercato anche se come stampatori ci hanno consentito di realizzare ricavi di tutto rispetto. Motivo, questo, per cui siamo coinvolti nelle indagini della magistratura sulla legittimità di questi contributi precepiti per esempio da Ste e Settemari che ci hanno lasciato un buco di circa un mlione di euro”. Il declino nella seconda metà degli anni 2000 “con un target impazzito, la crisi, la pubblicità con immagini solo a colori, enormi investimenti: insomma un boomerang – continua il documento –  che ha aumentato solo i costi mentre i ricavi sono rimasti invariati o addirittura calati. Abbiamo fatto quadrato, abbiamo utilizzato ogni forma di ammortizzatore sociale per ridurre il personale senza dover ricorrere a licenziamenti. Abbiamo fatto operazioni pesanti di saldo e stralcio con banche e fornitori, avendo come unico scopo la difesa del lavoro e dei posti di lavoro. Ma la legge inesorabile del mercato ha vinto e la protervia delle banche ha avuto ancora una volta la meglio”. “Con noi – ha concluso Toti – e i nostri venti posti di lavoro possono scomparire le realtà che non ce la faranno a sopravvivere: pensiamo a tanti piccoli editori che non avranno le risorse per rivolgersi altrove e pensiamo a quante piccole redazioni dovranno chiudere con la conseguenza che verranno zittite ancora tante voci”.