“Prove tecniche estate”: Francesca Santoni consiglia “Il cardellino”

SESTO FIORENTINO  – Nella seconda puntata di “Prove tecniche di trasmissione – Speciale estate”, l’approfondimento del mercoledì in diretta streaming dalla redazione di Piananotizie e condotto da Barbara Berti e Pier Francesco Nesti, nuovo titolo suggerito da Francesca Santoni per la rubrica “Un libro per l’estate”. Ne abbiamo parlato nella puntata di ieri mattina, si […]

SESTO FIORENTINO  – Nella seconda puntata di “Prove tecniche di trasmissione – Speciale estate”, l’approfondimento del mercoledì in diretta streaming dalla redazione di Piananotizie e condotto da Barbara Berti e Pier Francesco Nesti, nuovo titolo suggerito da Francesca Santoni per la rubrica “Un libro per l’estate”. Ne abbiamo parlato nella puntata di ieri mattina, si tratta de “Il cardellino” (Rizzoli) scritto da Donna Tartt, vincitrice nel 2014 del premio Pulitzer per la narrativa proprio con questo romanzo. Qui di seguito la recensione scritta dalla stessa Francesca Santoni:

Theo ha tredici anni e vive con la madre perchè il padre, attore fallito e alcolista, se ne è andato. Il racconto del lungo flashback che si snoda per gran parte del romanzo inizia nel momento in cui i due si stanno recando a discutere con il preside di una bravata che gli è costata la sospensione. Durante il tragitto, alla madre viene voglia di fermarsi al Met, per ammirare dal vero un’opera che da bambina aveva visto riprodotta su un libro e che l’aveva profondamente emozionata per la sua vitale, drammatica semplicità: “Il cardellino” del fiammingo Fabritius. E proprio al museo, nel giro di pochissimi minuti, la vita di Theo viene profondamente sconquassata: posa il suo sguardo su una ragazzina dai capelli rossi accompagnata da un anziano e ne è magneticamente attratto; e proprio nel tentativo di scoprire qualcosa in più di lei, si sposta nell’area del museo che sarà meno danneggiata dall’esplosione dell’ordigno che deflagra subito dopo. Terrorizzato, confuso dal fumo e dalle esalazioni della bomba, Theo si trova ad assistere l’anziano accompagnatore della ragazzina con i capelli rossi, che nel delirio dell’agonia, gli ordinerà di portare via la tela del cardellino, gli regalerà un anello e gli mormorerà un indirizzo di New York. Ecco, nelle poche pagine del primo capitolo, con un ritmo serrato e una narrazione concitata, si legge tra le righe il presagio di quella che sarà la vita straordinaria ed estrema del protagonista, una vita sulla quale la perdita della madre in occasione del disastro proietterà una lugubre ombra di morte e un forte istinto all’autodistruzione. Il ragazzo, infatti, nonostante l’intervento degli assistenti sociali e di varie figure di supporto psicologico senza “nessuna idea di che effetto facesse una voragine che ti si apriva sotto i piedi ingoiando tutto in un istante”, inizia un lento percorso di auto annullamento; e di pari passo il quadro sottratto al museo diventa il feticcio della madre scomparsa caricandosi del groviglio di emozioni legate all’evento della morte di lei amore, volontà di poter controllare la perdita, profondo senso di colpa, peso cocente del segreto e minaccia derivante da esso. Tre le figure dominanti nella vita di Theo: Hobie, il socio dell’anziano che il protagonista assiste durante l’agonia, Boris, il ragazzo con troppo passato e nessun futuro. Questi due personaggi si contendono senza saperlo la salvezza e la perdizione di Theo: puro anelito alla bellezza, all’onestà e all’equilibrio il primo e spinta al marcio, all’autodistruzione e alla sregolatezza il secondo. E infine Pippa, la ragazza dai capelli rossi del museo, idealizzata dal protagonista e rivestita da un alone salvifico che l’orrore dell’esperienza comune avvicina e contemporaneamente allontana irreparabilmente: vivere insieme non risulterebbe “contrario al principio di autoconservazione? Due persone così instabili e abitate da una profonda pulsione di morte, costrette a sostenersi a vicenda per tutta la vita?”. Un capolavoro, scritto con magistrale efficacia: si alternano una narrazione dal ritmo sincopato nel raccontare le vicende con più mordente a un flusso di coscienza quasi statico e annoiato quando Theo persegue i suoi tentativi di autodistruzione e cerca di stordire il proprio dolore nell’alcol e nelle droghe. Inoltre, benchè gli accadimenti che coinvolgono il protagonista siano decisamente estremi, la descrizione accurata dei suoi percorsi psicologici restituiscono credibilità alla narrazione.