Una comunità stretta intorno alla “sua” Pieve: così è nata “La via della croce” di Antonio Manzi

CAMPI BISENZIO – “E’ un dono che faccio alla comunità di Campi, ispirato da generosità e perdono. Un’opera che è arrivata nel momento giusto della mia vita e nella quale ho trasmesso tutto l’amore che ho ricevuto dalla mia famiglia”: un emozionato Antonio Manzi ha commentato così, dopo le parole del pievano, don Marco Fagotti, […]

CAMPI BISENZIO – “E’ un dono che faccio alla comunità di Campi, ispirato da generosità e perdono. Un’opera che è arrivata nel momento giusto della mia vita e nella quale ho trasmesso tutto l’amore che ho ricevuto dalla mia famiglia”: un emozionato Antonio Manzi ha commentato così, dopo le parole del pievano, don Marco Fagotti, e dell’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, “La via della croce”, le quattordici stazioni della Via Crucis, realizzata attraverso un progetto dell’Oratorio parrocchiale Totus Tuus Anspi grazie al contributo, fra gli altri, di un gruppo di famiglie campigiane e della Misericordia di Campi Bisenzio (presente anche il sindaco di Lastra a Signa, Angela Bagni, che ha voluto rendere omaggio al maestro Manzi).

L’inaugurazione oggi pomeriggio nella Pieve di Santo Stefano quando le 14 formelle in bronzo che compongono l’opera, ognuna rappresentante appunto una stazione della Via Crucis, sono state scoperte e benedette dal cardinale Betori dopo che in precedenza l’architetto Giuditta Niccoli ne aveva effettuato la presentazione. “Quest’opera – ha scritto don Marco Fagotti nel catalogo che accompagna l’opera – è davvero straordinaria, sia per la riuscita artistica sia per il modo con cui, dall’idea iniziale, siamo arrivati in meno di un anno alla sua piena realizzazione. Non è semplice oggi produrre opere artistiche religiose. Il mio predecessore diceva sempre che nel nostro tempo siamo bravi soltanto a restaurare e conservare il bello del passato, oggi possiamo dire che questo non è vero: siamo di fronte a un’opera contemporanea che racconta fedelmente i misteri della Passione di Cristo e che li rende leggibili a tutti e adatti alla preghiera”.

“Il merito – ha aggiunto – è di Antonio, che si è lasciato catturare dal tema complesso della Via dolorosa del Signore. Lo ha fatto con grande generosità, che sempre lo ha contraddistinto nel suo lavoro artistico, e che non è mancata nemmeno questa volta: da subito, nell’accettare l’impegno, ha voluto mettere in chiaro che avrebbe donato il suo lavoro, quello dell’artista che pensa, modella, rifinisce, in una parola, crea un’opera straordinaria”. “Più volte – queste invece le parole dell’architetto Niccoli – Manzi e don Marco si sono incontrati e parlati, più volte l’artista si è recato da solo, dopo le funzioni della sera, quando le navate vengono lasciate vuote dai fedeli, a cercare la relazione giusta tra l’opera e il suo spazio, tra il suo personale linguaggio espressivo e il linguaggio simbolico dell’arte sacra, forse tra il suo essere uomo ed il mistero del divino. Da qui l’accettazione della sfida e la nascita dell’idea, insieme a questa la scelta del materiale. Ceramica invetriata, marmo, bronzo: l’incessante ricerca creativa e la capacità dell’artista di affrontare ogni tecnica, con effetti sempre nuovi e sorprendenti, offriva certamente molteplici possibilità, ma Manzi ha da subito mostrato di prediligere il bronzo”.

“La passione di Gesù – ha detto il cardinale Betori – non è un “incidente di percorso, è la consapevolezza a cui lui tende per quello che è il progetto del Padre. E in questo caso, di fronte alle formelle che oggi benediciamo, non è solo ammirare Gesù ma è un atto che ci impegna nella nostra vita”. Queste invece le famiglie che hanno contribuito alla realizzazione delle formelle: famiglia Gaias, famiglia Bacci e Sereni, famiglia Rossi, Baldanzi e Petri, famiglia Bacci e Niccoli, famiglia Taviani e Mucerino, famiglia Carlesi in memoria di Patrizia e Carlo, famiglia Villucci e Montaldo, famiglia Meazzini e Fedi in memoria di M. C., famiglia Biasio in memoria di Elvio, Dina e Fiorenzo, famiglia Guasti e Ballerini. Oltre a loro, le altre sono state offerte rispettivamente da tutti i parrocchiani, dal pievano, don Marco Fagotti, da A.R. e, come già detto in precedenza, dalla Misericordia di Campi Bisenzio.