Uno stadio, una città per Astori: “Nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta”

FIRENZE – Una delle “cartoline” più belle di questa triste giornata é stata sicuramente l’abbraccio, più che ideale, dopo il triplice fischio finale, fra calciatori, staff tecnico e tifosi sotto la curva Fiesole. Con il nome di Davide Astori chiamato, ritmato, scandito a gran voce da tutti. Il culmine di una domenica surreale, iniziata nel […]

FIRENZE – Una delle “cartoline” più belle di questa triste giornata é stata sicuramente l’abbraccio, più che ideale, dopo il triplice fischio finale, fra calciatori, staff tecnico e tifosi sotto la curva Fiesole. Con il nome di Davide Astori chiamato, ritmato, scandito a gran voce da tutti. Il culmine di una domenica surreale, iniziata nel riscaldamento con i 46 componenti della squadra viola tutti in campo con la maglia numero 13 del Capitano e proseguita con tanti striscioni, altrettante lacrime e il lancio di una miriade di palloncini bianchi e viola verso il cielo: signori, questa é Firenze. Una Firenze tante volte bistrattata, una Firenze spesso dimenticata, soprattutto negli ultimi tempi, ma che nell’ultima, maledetta settimana ha fatto capire quale sia il suo valore, quale sia il suo spessore. Scontato, quasi banale dire che oggi anche il cielo ha pianto. No, non lo é. Il cielo ha pianto davvero, come solo si può fare quando si spezza una giovane vita, in questo caso quella di Davide Astori come in tantissime altre occasioni che purtroppo non hanno la stessa ribalta mediatica. Il cielo ha pianto e ha iniziato a farlo proprio alle 13. Niente succede per caso. “Le lacrime di un’intera città – Il legame da qui all’eternità – Buon viaggio Capitano” recitava un lungo striscione apparso in Fiesole, curva che, come già successo più di una volta in passato, ha dimostrato ancora una volta la nobiltà del suo animo. Davide, il Capitano, un ragazzo di 31 anni, un padre di famiglia: troppe componenti per cercare una spiegazione a una scomparsa così violenta, in un’epoca in cui troppo spesso si é costretti ad adeguarsi a standard inimmaginabili (o irraggiungibili, fate voi…), un’epoca in cui sarebbe, anzi è necessario ritrovare il coraggio che serve nel presente. Un presente fatto di volti rigati dalle lacrime, bandiere, sciarpe, parole e musica, quelle di Jovanotti, “Sono sempre i migliori che partono”. Niente succede per caso. Neanche il gol segnato dal numero 31, il 13 al contrario, gli anni del Capitano. Tredici come il minuto in cui la partita si é fermata, dopo il lunghissimo minuto di silenzio prima del fischio d’inizio, e la curva Fiesole si è “colorata” e animata con un Davide gigantesco e un numero 13 altrettanto grande. 13 come il numero che da oggi in poi non comparirà più sulle maglie della Fiorentina. 13, in base al significato dei numeri karmici, come “sinonimo” di trasformazione e di rinascita: “Chi vive sotto l’influenza del numero tredici avrà la concreta possibilità di riparare o di completare ciò che nelle vite passate è rimasto incompiuto”. Niente succede per caso, “Nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta”.

(Fotografie Roberto Vicario)