Coronavirus, “rischio collasso per le cooperative sociali della Toscana”

FIRENZE – Servizi prima infanzia, assistenza domiciliare, servizi complementari come quelli di pulizia e ristorazione e tutto l’ambito del turismo sociale. Sono tutti i settori della cooperazione di tipo A e tipo B che coinvolgono circa 30.000 lavoratori in Toscana, che rischiano di essere duramente colpiti dagli effetti dell’allarme Coronavirus. Un sistema che rischia il collasso, […]

FIRENZE – Servizi prima infanzia, assistenza domiciliare, servizi complementari come quelli di pulizia e ristorazione e tutto l’ambito del turismo sociale. Sono tutti i settori della cooperazione di tipo A e tipo B che coinvolgono circa 30.000 lavoratori in Toscana, che rischiano di essere duramente colpiti dagli effetti dell’allarme Coronavirus. Un sistema che rischia il collasso, “se la Regione Toscana – spiegano in una nota – continuerà a ignorare le richieste avanzate dalle cooperative sociali toscane in conseguenza del rinnovo del contratto nazionale di settore sottoscritto a marzo 2019 ed entrato in vigore a maggio dello stesso anno”. Questo il messaggio lanciato questa mattina durante la conferenza stampa convocata dalle tre centrali cooperative Confcooperative-Federsolidarità Toscana, Dipartimento Welfare Legacoop Toscana e Agci-Sociale Toscana.

“Nel giugno scorso – continua il comunicato – le cooperative sociali toscane avevano chiesto un incontro urgente alla Regione Toscana e all’Anci Toscana per avviare un confronto che portasse alla revisione dei prezzi corrisposti per i servizi già affidati alle cooperative e per insediare un tavolo che affrontasse gli elementi critici nell’ambito degli appalti pubblici per i servizi alla persona. Alle rassicurazioni offerte dalla Regione – dicono i rappresentanti delle tre centrali cooperative Alberto Grilli per Confcooperative-Federsolidarietà Toscana, Marco Paolicchi per Dipartimento Welfare Legacoop Toscana, e Federico Pericoli per Agci-Sociale Toscana – non è seguito nulla, nessun risultato concreto, nessuna misura”. E ancora: “Negli ultimi dieci anni, gli anni della grande crisi durante i quali le cooperative sociali hanno retto il sistema di welfare regionale, proteggendo i cittadini dai tagli selvaggi alle prestazioni pubbliche, i compensi per le cooperative sono rimasti gli stessi. Oggi le cooperative sociali devono fare i conti con un costo del personale incomprimibile che pesa tra il 75% e il 93% sui bilanci, a fronte di una redditività dei servizi prossima allo zero, a tempi di pagamento che vanno ben oltre i limiti di legge e al mancato riconoscimento degli incrementi tariffari conseguenti all’adeguamento Istat. Un mix di elementi che sta mettendo a dura prova un comparto dove lavorano oltre 30.000 persone”.

In Toscana operano 550 cooperative sociali riunite nelle tre centrali (Confcooperative, Legacoop e Agci) che occupano 30.000 persone, di cui 2.100 svantaggiate, attive in tutti i settori socio-sanitari assistenziali e educativi. Il 70% degli occupati è composto da donne, i giovani sono oltre il 60%, in quasi l’80% dei casi i lavoratori sono impiegati stabilmente con contratti a tempo indeterminato. Oltre al valore diretto generato dalle cooperative sociali attraverso le loro attività produttive, va considerato il risparmio di risorse pubbliche che deriva dall’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate: inserendo nel mondo del lavoro i soggetti più fragili, si risparmiano i soldi pubblici che sarebbero necessari per accudire queste persone in comunità terapeutiche e centri specializzati e le risorse che andrebbero a finanziare i sussidi sociali. Va aggiunto il fatto che oggi la quasi totalità dei servizi sociali e educativi in Toscana è affidata alle cooperative sociali: ad esempio, l’80% degli asili nido della regione è affidato alla gestione delle coop.

“L’assenza di risposte da parte della Regione – concludono i rappresentanti delle tre centrali cooperative – mette a rischio non solo la sopravvivenza di imprese che operano correttamente, migliaia di posti di lavoro, le opportunità per i lavoratori svantaggiati ma anche la tenuta del sistema di welfare regionale che garantisce gran parte dei servizi pubblici ai cittadini”.