In otto “ci mettono la faccia”: “Vogliamo tornare a essere il Pd, non il partito di Renzi”

SIGNA – La giornata di ieri è stata un vero e proprio spartiacque nella vita politica del nostro Comune. Prima le dichiarazioni di Paolo Bambagioni e le successive parole di Monia Monni, entrambi consiglieri regionali del Pd, “hanno fatto saltare il tappo” di una bottiglia che, in modo particolare negli ultimi mesi, è stata “agitata” […]

SIGNA – La giornata di ieri è stata un vero e proprio spartiacque nella vita politica del nostro Comune. Prima le dichiarazioni di Paolo Bambagioni e le successive parole di Monia Monni, entrambi consiglieri regionali del Pd, “hanno fatto saltare il tappo” di una bottiglia che, in modo particolare negli ultimi mesi, è stata “agitata” un po’ troppo. A partire dalla campagna referendaria e dal referendum del 4 dicembre scorso. La questione delle tessere, il congresso, non poche questioni interne: tutto ha contribuito alla fuoriuscita della bollicine. Fino al documento arrivato alla nostra redazione e firmato da alcuni esponenti del Partito Democratico signese: assessori, consiglieri comunali e membri della segreteria  (Andrea Di Natale, consigliere comunale e membro della segreteria, Matteo Mannelli, consigliere comunale, Giampaolo Lucarini, consigliere comunale e membro della segreteria, Massimo Campigli, consigliere comunale, Giampiero Fossi, assessore, Marinella Fossi, assessore, Domenico Zaccaria, consigliere comunale, e Cristina Romanelli, membro della segreteria), che lanciano un messaggio ben preciso: “Vogliamo tornare a essere il Pd, non il partito di Renzi”.

Questo il testo del documento:
“Ora basta. In questi giorni caotici le dichiarazioni a sproposito sul tesseramento del Pd a Signa sono state molte. L’unica dichiarazione che ci sentiamo di sostenere è quella di Paolo Bambagioni, che ha avuto il coraggio di denunciare un metodo. Un metodo di gestione del partito tendente ad escludere chi esprime un pensiero diverso dalla componente renziana. Un metodo creato su due binari. Un binario di facciata in cui tutto era “nelle regole” e un altro in cui si faceva l’interesse di una componente, quella renziana. Doppia gestione delle decisioni della segreteria: la linea del partito veniva decisa tra pochi in case private, successivamente era comunicata alla segreteria ufficiale, sminuendo le contrapposizioni. Doppio tesseramento: uno fatto a domicilio senza troppe domande, l’altro in sezione con orari prefissati, interrogatori e registrazioni video. La componente renziana a Signa ha militarizzato il partito, eliminando ogni possibilità di dialogo e confronto. Durante la campagna referendaria di dicembre 2016, la situazione si è inasprita. O sei con noi, o sei contro di noi. Questo è stato il concetto base della componente renziana. Successivamente tale concetto si è trasformato nell’obiettivo di escludere le minoranze, e ogni pensiero autonomo. Questo non è il Pd, nato per essere unitario e plurale, ora siamo dentro il partito di Renzi. Un partito personale basato su ristrette cerchie di persone tenute insieme da interessi personali, strutturato in maniera piramidale. Il nostro Pd aveva basava il proprio metodo sul confronto, strumento di crescita; il partito di Renzi pone il proprio metodo sull’oligarchia escludendo le diversità. Nel Pd di Renzi il segretario è solo il promoter di un marchio, niente di più. Scalini (il segretario del Pd signese, n.d.r.) è solo una pedina nelle mani di chi vuole gestire il marchio. Incatasciato (il segretario metropolitano, n.d.r.) è la medesima pedina a livello più alto, con l’aggravante di avere la responsabilità di avere perso un Comune come Fiesole. E’ venuto a Signa soltanto una volta durante il tesseramento, coprendo con l’ambiguità e la reticenza gli aggiornamenti sul numero dei tesserati che via via gli venivano richiesti. Noi abbiamo portato le persone da tesserare nelle stanze del partito. Il segretario ha guardato tutti in faccia e ha fatto le tessere. Alla fine i tesserati erano circa 400, qualche giorno dopo sono passati a 530. il tesseramento non è stato fatto allo stesso modo per tutti. Noi abbiamo seguito le regole imposte. La componente renziana invece no. Vogliamo tornare ad essere il Pd, non il partito di Renzi”.