“Mio figlio, che eroe”: gli adolescenti al tempo del Covid, istruzioni per genitori e adulti. Parole chiave: mettersi nei loro panni

FIRENZE – Proprio di recente abbiamo pubblicato un “pezzo” che trattava dei bambini al tempo del Covid: 8.000 i positivi ( i dati sono di qualche settimana fa, n.d.r.), molto più estesi i disagi sociali. Bambini ma anche adolescenti, un tema che abbiamo voluto approfondire. Lo abbiamo fatto con Eleonora Ceccarelli, psicologa e psicoterapeuta, consigliera dell’Ordine […]

FIRENZE – Proprio di recente abbiamo pubblicato un “pezzo” che trattava dei bambini al tempo del Covid: 8.000 i positivi ( i dati sono di qualche settimana fa, n.d.r.), molto più estesi i disagi sociali. Bambini ma anche adolescenti, un tema che abbiamo voluto approfondire. Lo abbiamo fatto con Eleonora Ceccarelli, psicologa e psicoterapeuta, consigliera dell’Ordine degli psicologi della Toscana, che da diversi mesi collabora con Piananotizie e ci offre sempre – a noi e ai nostri lettori – interessanti spunti di riflessione.

“Mio figlio, che eroe!”: scritto così potrebbe essere il titolo di un film… Invece si tratta di un’affermazione che molti genitori mi riportano pensando ai loro figli adolescenti, relegati in casa per la pandemia. Con i genitori, ma anche con altre figure adulte, quali insegnanti e allenatori, ci siamo provati tante volte a mettere nei panni di questi giovani: “Io alla sua età non so se ce l’avrei fatta!”. Come dare loro torto, l’adolescenza è una tappa fondamentale del ciclo di vita, dove si scopre il mondo e si vivono nuove esperienze all’esterno, fuori dalle mura domestiche. Invece, rapidamente, i ragazzi e le ragazze si sono ritrovati a casa, con i genitori, a loro volta in smart working; con queste premesse, la casa sembra essersi trasformata in una sorta di carcere, dove mamma e babbo sono i carcerieri, che cercano di imporre regole e di tenerli legati a sé, contro la loro voglia.

La distanza sociale che l’emergenza sanitaria ha richiesto e imposto, rischia di mettere ancora di più alla prova il percorso di crescita degli adolescenti e l’equilibrio delle famiglie. Che fare? Come comunicare in maniera efficace con i giovani, sempre pronti a difendere le proprie idee e i propri amici, che devono momentaneamente fermarsi, premere “pausa” alla loro voglia di esplorare e sperimentare?

Essere adolescenti è già di per sé difficile: forse più che aiutarli a sospendere la loro esplorazione, noi adulti possiamo sostenerli nel mantenere un certo grado di autonomia. Come? Intanto partiamo dal presupposto che gli strumenti tecnologici in questo momento sono la loro aggregazione, i mezzi che permettono di mantenere e alimentare relazioni, anche a distanza. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se passano tanto tempo al cellulare. Certo, è bene comunque vigilare ed eventualmente dare delle regole ad hoc, soprattutto con i più giovani, perché i rischi associati alla rete sono tanti, dal cyberbullismo alla dipendenza da internet. Ricordiamoci che educarli ad un uso consapevole è comunque responsabilità dell’adulto.

Qualcuno tra voi lettori sicuramente potrà obiettare che comunicare è ancora più difficile in questo periodo, ma quello che mi preme sottolineare è che anche quando la comunicazione sembra impossibile, tentiamoci! Mettiamoci in gioco provando a cambiare punto di vista e a metterci, appunto, nei loro panni. Sfruttiamo la quarantena per parlare con i ragazzi e le ragazze, per ricordare loro quanto sono importanti per noi e quanto apprezziamo i loro sforzi e la loro maturità in una situazione difficile e delicata come quella che stiamo vivendo. Mostriamo attenzione e interesse per i loro progressi e per le autonomie, seppur virtuali, che dimostrano di avere, ne hanno bisogno: quello che non trovano all’esterno lo devono poter trovare almeno internamente, in famiglia e poi dentro di loro. Tutto questo è estremamente prezioso, un allenamento per tornare nel “mondo”, quando sarà possibile, ancora con più forza e sicurezza. Inoltre, mostriamoci incuriositi delle loro “cose”: sfruttiamo la convivenza forzata per conoscere i loro interessi più da vicino, i loro bisogni, le loro aspettative e anche i loro sogni.

Essere interessati e vicini a chi vive nel proprio ambiente è un’occasione preziosa anche per entrare in contatto con il bagaglio emotivo. Sicuramente questa pandemia ha attivato in ciascuno di noi tanti sentimenti, intensi e non sempre facili da gestire: non dimentichiamoci che spesso, gli adolescenti, vivono le emozioni in maniera più pervasiva e totalizzante rispetto a noi adulti. La paura di perdere amicizie, un/a fidanzato/a, la rabbia di bruciarsi esperienze e possibilità, la tristezza legata alla perdita di un persona cara, possono gettare i giovani nello sconforto più totale con il rischio che cerchino di chiudersi sempre di più in sé stessi per tenere fuori il mondo, che li sta facendo soffrire. E qui il ruolo, la vicinanza dei genitori è quanto mai fondamentale: emozioni come la paura, la rabbia e la tristezza sono emozioni che incontreranno spesso nella loro vita e imparare a nominarle, sentirle e capirle darà loro la possibilità di saperle gestire e di trovare strategie efficaci per utilizzarle nel loro cammino. Supportiamoli in questo percorso di alfabetizzazione emotiva e, se rifiutassero il nostro aiuto, ricordiamo loro che ci siamo e che ci saremo sempre.

Infine, aiutiamo gli adolescenti a riprogrammare la giornata: c’è chi continua a fare sport e dunque ha la possibilità di uscire di casa per qualche ora al giorno, chi invece continua a allenarsi in maniera virtuale e chi purtroppo non fa più niente. Soprattutto per quest’ultimi le giornate diventano infinitamente lunghe e oltre lo studio spesso è difficile intravedere altro. Sosteniamoli nell’individuare nuove abitudini e nel canalizzare la noia per fare qualcosa di diverso: lo si può fare senza ansia e senza fretta perché in questo momento non c’è posto dove poter andare. Sperimentarsi in qualcosa di nuovo, alimenta l’autostima e la fiducia in sé e aiuta a rivedere se stessi all’interno di quel luogo che in genere si rifugge e che adesso viene vissuto come prigione, ovvero la propria casa.

“Voi affermate che è difficile stare con i fanciulli – Avrete ragione. Ma poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, curvarsi, piegarsi, farsi piccoli. Ebbene in questo avete torto. Non sta qui la fatica maggiore, ma piuttosto nel dovere di elevarsi all’altezza dei loro sentimenti. Sta nell’impegno di distendersi, allungarsi, alzarsi in punta di piedi per non ferirli”.

(Janus Korczack)

Eleonora Ceccarelli