Provincia verde: la foresta “ricostruita” di Monte Morello

SESTO FIORENTINO – Non raggiunge nemmeno i mille metri d’altezza, la “montagna dei fiorentini”. Eppure, per chi vive in città, rappresenta un approccio comodo e a portata di mano con ala “wildemess”, la natura selvaggia. Non ci sono più orsi o lupi, su Monte Morello, ma i boschi che lo ammantano (frutto di oculati rimboschimenti) […]

SESTO FIORENTINO – Non raggiunge nemmeno i mille metri d’altezza, la “montagna dei fiorentini”. Eppure, per chi vive in città, rappresenta un approccio comodo e a portata di mano con ala “wildemess”, la natura selvaggia. Non ci sono più orsi o lupi, su Monte Morello, ma i boschi che lo ammantano (frutto di oculati rimboschimenti) stanno piano piano ricreando un ambiente naturale che l’uomo aveva compromesso. Il rilievo, infatti, deve il suo nome alla copertura originaria di abeti dalla chioma scura, che rendeva “mora” la cima del monte; più in basso, invece, vivevano le latifoglie. Gran parte di questi alberi venne abbattuta sia per ricavarne legname, sia nel XII secolo, per ordine della Repubblica Fiorentina, impegnata in una singolare opera di profilassi. La peste, periodicamente, mieteva vittime tra la popolazione e il rischio di un’epidemia era una minaccia incombente. Però si sapeva pochissimo sui meccanismi del contagio: si diceva che la colpa fosse di “un’aria cattiva” che “appestava” la città, un buon rimedio sarebbe stato favorire al massimo le correnti atmosferiche. Detto fatto: gli alberi di Monte Morello rappresentavano un ostacolo naturale ai venti settentrionali, e allora si mise mano alla scure. Salvo pentirsene qualche anno dopo, quando le pendici denudate iniziarono a franare e a essere al centro di fenomeni di dissesto idrogeologico. Dove prima crescevano gli alberi si diffuse il pascolo, che bloccò sul nascere il rimboschimento naturale e rese ancora più povero il terreno. Il salvataggio del territorio si concretizzò verso la fine dell’Ottocento quando i Comitati Forestali avviarono un piano razionale di rimboschimento che prese corpo nel 190 e terminò nel 1941. In totale si piantumarono 550 ettari, con risultati così positivi da essere portati ad esempio nei testi che trattano la forestazione. Un’escursione sul rilievo consente di ricostruire le varie tappe di questa storia. Ci sono ancora più in basso, i boschi naturali; salendo si incontra tratti di terreno nudo e dissestato e, in alto, si entra nella zona dove il rimboschimento è stato compiuto a regola d’arte, con tanto di terrazzamenti, muretti a secco e piccola viabilità. Per salire sulla cima di Monte Morello, si imbocca la via dei Colli Alti e si lascia l’auto presso la Fonte dei Seppi. Di qui inizia una comoda strada forestale, segnalata come “Sentiero numero 2”, che sale alla Sella degli Scollini. Proseguendo, si raggiunge la località Colline dove, nei pressi di una piccola costruzione, si devia sulla destra e si prosegue per arrivare fin sulla vetta. Il panorama compensa la fatica. Lo sguardo spazia dalla Piana fiorentina fino alle coline del Chianti, dalle Alpi Apuane fino al Pratomagno. Tutt’intorno la foresta presenta il meglio della sua varietà: ci sono faggi, aceri montani, aceri opali, e folte e spinose macchie di prugnolo, che offrono riparo e alimentazione a una piccola popolazione di mammiferi e uccelli. Il periplo della vetta prosegue poi passando per le località Poggio Cornacchia (892 metri) e Poggio Casaccia (921 metri), segnalato anche da una monumentale croce di ferro. Giunti a questo punto, si può scegliere come proseguire l’escursione, tornando al punto di partenza oppure deviando, dagli Scollini, verso il castello di Castiglione e la Pieve di Cercina. Si attraverseranno ancora boschi di querce, intevellati da antichi oliveti. Quando salire su Monte Morello? Ogni periodo dell’anno è buono e ha il suo fascino.

Stefano Taddei