CAMPI BISENZIO – Un anno “catastrofico” per il miele. Così la Cia, Confederazione Italiana Agricoltori Toscana Centro, definisce il 2019. “Con un calo dell’80% della produzione di miele, l’anno 2019 è stato il peggiore di sempre per l’apicoltura – dice il presidente di Cia Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato) Sandro Orlandini – E molti rischiano di cessare l’attività se non arrivano aiuti”. La giunta regionale ha approvato una delibera, nel giugno scorso, che ha disposto la concessione di microcredito agli apicoltori in difficoltà stanziando a tal fine un fondo rotativo pari a 1 milione e 800 mila euro che sarà gestito da una RTI con capofila Fidi Toscana. “Ben vengano – dice Orlandini – dunque questi finanziamenti agevolati a tasso zero della Regione Toscana alle imprese agricole del comparto apistico”.
“La misura sta per entrare nella fase di attuazione – dice il responsabile apicoltura di Cia regionale Franco Masotti – e a breve le imprese apistiche potranno inoltrare domanda per ottenere prestiti da 10.000 a 20.000 euro a tasso zero senza bisogno di garanzie personali e patrimoniali. Ci sono alcuni requisiti formali e procedurali”. Chi potrà accedere al contributo? “Potranno accedere a questi finanziamenti agevolati solo le aziende agricole con partita Iva – spiega Masotti – contabilità ordinaria e registrate nella banca dati apistica nazionale (Bda), e verrà erogato un importo ad arnia in base al numero di arnie comunicate nell’ultima denuncia in Bda. Saranno ammissibili solo richieste per spese necessarie a compensare la riduzione della produzione nel 1 semestre 2019, il ripristino del patrimonio apistico aziendale ridotto a causa dell’andamento climatico nel 2019 e spese per la gestione dell’apiario”.
Su questo argomento e per chiedere informazione sono disponibili gli uffici della Cia. La crisi del settore è legata al clima. “A causa di un inverno più caldo rispetto alla media – spiega Masotti – le api hanno cominciato a deporre più uova e le famiglie si sono ingrandite. Ma poi la pioggia e l’abbassamento delle temperature del mese di aprile e maggio hanno condizionato il lavoro delle api e il poco nettare che sono riuscite a raccogliere lo hanno utilizzato per sopravvivere”. “Non abbiamo mai vissuto una situazione così critica – aggiunge Masotti –, le api sono stressate, escono ai primi raggi di sole e tornano indietro appena inizia a piovere. Non fanno altro che produrre covata senza riuscire a immagazzinare il miele, i fiori risultano perennemente bagnati dalle frequenti piogge. Così i fiori producono poco nettare e polline innescando una situazione critica all’interno degli alveari. Si sono verificate tutte insieme le condizioni più negative per l’attività delle api: il freddo non le faceva uscire, la grandine e la pioggia hanno rovinato le fioriture. Le api sono state nutrite per evitare la morte delle famiglie con costi onerosi per gli apicoltori per l’acquisto del nutrimento e, per chi fa nomadismo, per raggiungere gli apiari dislocati in varie località in Toscana”. A questa situazione si aggiungono anche problemi come, dice Masotti “varroa, cinipide, Aethina tumida, vespa velutina e gruccioni sono alcuni degli ospiti che la globalizzazione ci ha regalato e che hanno contribuito ulteriormente al calo verticale della produzione dei prodotti dell’alveare. Questo quadro critico mette in pericolo non solo il nostro reddito, ma con la probabile riduzione del numero di apicoltori, la sopravvivenza stessa delle api e quindi della loro insostituibile funzione di insetti pronubi impollinatori”.