L’appello di tre “donne coraggio”: “Non lasciateci da sole…”

CAMPI BISENZIO – Il loro stato d’animo è sintetizzabile nella vignetta che pubblichiamo (ripresa dalla pagina Facebook “I like Snoopy”, n.d.r.): “Il bello delle donne è che hanno paura, ma alla fine hanno il coraggio di fare tutto”. Il fatto – o il problema – è che questo coraggio sta lasciando il posto alla stanchezza. […]

CAMPI BISENZIO – Il loro stato d’animo è sintetizzabile nella vignetta che pubblichiamo (ripresa dalla pagina Facebook “I like Snoopy”, n.d.r.): “Il bello delle donne è che hanno paura, ma alla fine hanno il coraggio di fare tutto”. Il fatto – o il problema – è che questo coraggio sta lasciando il posto alla stanchezza. Fisica e mentale. O mentale e fisica, perché invertendo l’ordine dei fattori, il risultato non cambia. E tre di queste donne, due mamme e una sorella, si sono rivolte alla nostra redazione per lanciare un appello, per non essere “dimenticate”, per non essere lasciate da sole nella battaglia che conducono quotidianamente. Un appello alle istituzioni, in primis, per fare in modo che chi ha potere decisionale, possa fare qualcosa per dare loro una mano in modo concreto ma anche a chi ovviamente si trova nella stessa situazione. Dinda, Lia e Betty i loro nomi, rispettivamente mamma di un figlio di 42 anni, mamma di un figlio di 39 e con un fratello di 51 anni la terza. Due di questi ragazzi diventati “ormai” uomini soffrono di disabilità psichica, il terzo di disturbi del comportamento. Da qui l’appello di chi li sta accanto, la loro richiesta di tenere alta l’attenzione su problemi che potrebbero riguardare ognuno di noi. Tenere alta l’attenzione soprattutto sul fatto che sul territorio non ci sono strutture e probabilmente neanche medici a sufficienza che possano aiutare queste persone ad avere un’autonomia e, perché no, anche un futuro. I percorsi “istituzionali”, infatti, che si tratti di un tirocinio o di un inserimento “lavorativo” presso un’associazione hanno comunque una fine e, pur rientrando nell’ambito delle cosiddette “categorie protette”, per motivi che non sta certo a noi giudicare, non sempre c’è l’attenzione che queste persone si meriterebbero. Con il risultato che i familiari, spesso e (poco) volentieri si sentono soli ed emarginati. E la sintesi, estremamente amara, di quello che è il loro pensiero dovrebbe far riflettere tutti: “Hanno chiuso i manicomi e hanno lasciate le famiglie da sole”. Un macigno. A cui – e non potrebbe essere diversamente – si contrappone la voglia di riscatto, di avere una vita comunque “normale”. Da qui, per esempio, la nascita dell’associazione “Ora con noi”, di cui due di queste donne fanno parte ma che ovviamente non può e non deve fare tutto da sola. Noi abbiamo accolto volentieri il loro appello, ci siamo fatti portavoce “per rendere la patologia, dove possibile, più leggera, ma anche e soprattutto perché ci siano più attenzione e più assistenza perché tutti abbiamo diritto alla propria autonomia”. E perché il macigno sia meno pesante da sopportare.