Stare a casa. Manola Nifosì “All’improvviso tutto si è fermato”

CAMPI BISENZIO – “All’improvviso tutto si è fermato”. Così Manola Nifosì, attrice, regista e autrice per il teatro, racconta cosa significa in questi giorni “stare a casa” interropere il proprio lavoro sul palcoscenico e fermarsi, seguendo scrupolosamente le norme previste per arginare il coronavirus. Cosa significa restare a casa per chi lavora nello spettacolo? All’improvviso […]

CAMPI BISENZIO – “All’improvviso tutto si è fermato”. Così Manola Nifosì, attrice, regista e autrice per il teatro, racconta cosa significa in questi giorni “stare a casa” interropere il proprio lavoro sul palcoscenico e fermarsi, seguendo scrupolosamente le norme previste per arginare il coronavirus.

Cosa significa restare a casa per chi lavora nello spettacolo?

All’improvviso tutto si è fermato. Saltano le prove con la Compagnia con cui stavo riprendendo alcuni spettacoli; saltano le repliche nei teatri (saremmo andati anche nelle Marche e nel Veneto); saltano i laboratori nelle scuole e le letture in biblioteca. Alla fine decidiamo di chiudere anche la scuola di teatro.
Le ultime giornate sono state frenetiche e ansiogene: chiudere,rimandare, recuperare: forse? quando? E i progetti a medio termine? I saggi della scuola… il festival? Si farà? Ma certo, è a luglio!? E il pieno diventa vuoto ma un vuoto dinamico che preme per riempirsi ancora e ancora… E poi ti rendi conto che, mentre sei tutto concentrato nel “doveva essere e non è”, e nel “che cosa sarà?”, ti stai perdendo il “qui e ora” che è fondamentale in teatro. Il teatro necessita della vicinanza, è senso di comunità, è rito laico collettivo, è l’imperfezione del “qui e ora”, dell’attimo irripetibile. E capisci che il teatro non può morire, perché il teatro è necessario. E forse dovevamo fermarci per ricordarcelo, anche noi che viviamo di questo, anche noi che viviamo per questo.

Come stai organizzando le tue giornate casalinghe?

Ho cercato di riappropriarmi di casa. Negli ultimi tempi l’avevo trascurata, tanto da avvertire alcuni angoli come ostili: non sapevo più da cosa fossero abitati (manifesti, depliant, cataloghi..). E dal momento che non sapevo più cosa stavo conservando, ho pensato che non fosse così importante conservarlo. Perciò mi sto alleggerendo, sistematicamente, del superfluo e sto riconquistando casa.

Hai recuperato qualcosa stando a casa?

Sicuramente ho più tempo per leggere, ma anche per disegnare, che è la mia prima passione. E poi la radio: adoro ascoltare a radio!

Una volta tutto passato questa esperienza influenzerà la tua vena creativa?

Mi chiedo: quando il contagio finirà, quanto tempo ci vorrà prima di tornare a fidarci di un abbraccio, a fidarci dello sconosciuto che ci respira accanto, del colpo di tosse nel buio che ci fa percepire il silenzio dell’attesa?
E quali saranno le azioni da fare per accelerare questo processo di riavvicinamento? Ci sarà tanto bisogno di teatro, di questo rito laico collettivo che necessita di vicinanza, per “rieducare” agli “abbracci”.

Un consiglio per chi resta a casa?

Ciascuno di noi, nel profondo, sa di cosa ha bisogno. Mettiamoci in ascolto, ora che ne abbiamo il tempo, e sfruttiamo questa occasione per prendersi cura di noi e di chi ci sta vicino….